I 'neet' sono 400mila| Vuoto da nove punti di Pil - Live Sicilia

I ‘neet’ sono 400mila| Vuoto da nove punti di Pil

Questa la cifra di giovani siciliani che non studiano e non lavorano e che costano all’economia siciliana il 9% del Pil. I lavoratori coinvolti in vertenze sindacali nell’Isola sono circa 100mila.

PALERMO – I 400mila giovani siciliani che non studiano e non lavorano, denominati dall’acronimo inglese “neet”, costano all’economia siciliana il 9% del Pil. I lavoratori coinvolti in vertenze sindacali nell’Isola sono circa 100mila.

“Nel secondo trimestre del 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012, sono andati in fumo 84mila posti di lavoro, di cui 26mila in agricoltura, 17mila nell’edilizia, 40mila nel settore terziario” osserva Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia. “Un dato drammatico – continua – che racconta come gli effetti devastanti della crisi si stiano vedendo adesso. Negli anni della recessione, la Sicilia ha perso un terzo della sua capacità produttiva a livello industriale. Le cifre degli ammortizzatori sociali in deroga raccontano di oltre 20mila siciliani coinvolti”.

Al fianco di questo numero – prosegue amaramente Pagliaro – trova posto un altro fenomeno allarmante: l’emigrazione giovanile, infatti, è tornata ad essere un problema, con circa 50mila giovani che ogni anno lasciano l’Isola. Il fatto che a partire siano poi i giovani più scolarizzati preoccupa ulteriormente, perché restano gli sfiduciati, mentre le energie migliori vanno via”.

La somma di questi giovani che non producono e consumano costa, secondo i dati dell’Istat, un mancato 9% di Pil. Investendo sull’occupazione giovanile, infatti, si stima che il Pil della Sicilia salirebbe di quasi 6 miliardi di Euro, un aumento in termini assoluto, appunto, di circa nove punti percentuali.

Secondo Pagliaro, per uscire da questa empasse “bisogna guardare alle singole criticità, agire prima che la vertenza diventi emergenza. Il brand Sicilia aspetta ancora le attenzioni della politica. Si puntava sull’area di libero scambio, pensando potesse diventare la piattaforma d’Europa e del Mediterraneo; invece, il tema delle infrastrutture e della mobilità mostra una pessima immagine di questa regione”.


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