L'inchiesta 'Broker abuse'| Marcuccio, il mediatore "abusivo" - Live Sicilia

L’inchiesta ‘Broker abuse’| Marcuccio, il mediatore “abusivo”

Il profilo del deus ex machina della presunta organizzazione di intermediazione finanziaria illecita scoperta dalla Finanza di Catania. "Io ti dico subito come sono combinato:- afferma l'indagato ad un potenziale "cliente" in un'intercettazione- io appartenevo e appartengo al partito di Berlusconi".

L'inchiesta della finanza
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CATANIA – Compare anche Aligrup tra le imprese da cui Domenico Marcuccio, giarrese, voleva trarre “profitto”. Avrebbe svolto una sorta di monitoraggio delle imprese con bisogno  di “liquidità”, e tra queste avrebbe selezionato anche quella di Sebastiano Scuto. La trattativa però con il figlio dell’ex re dei supermercati non si è mai conclusa. Era Marcuccio secondo la Procura di Catania, il deus ex machina dell’organizzazione di mediazione creditizia abusiva scoperchiata con l’operazione Broker Abuse della Guardia di Finanza.

LA MENTE DEL SODALIZIO. L’indagato “si occupava di individuare imprese che necessitavano di fondi bancari da avviare per la richiesta di finanziamento da presentare alla banca Monte dei Paschi di Siena ovvero alla MPS Capital Service. Ed inoltre .- in violazione delle leggi – avrebbe chiesto ai clienti un anticipo immediato pari al 50%”. Marcuccio “si avvale di chiunque possa presentargli imprese – scrive il Gip – e in diverse occasioni si presenta come consigliere della Banca Monte dei Paschi di Siena, o della Fondazione MPS”.

“APPARTENGO A BERLUSCONI”. In una conversazione intercettata l’indagato si presenta ad un potenziale cliente: “Io ti dico subito come sono combinato. Io appartenevo e appartengo al Partito di Berlusconi. Con il rinnovo del Cda ci hanno fatto fuori, ma questo non significa uscire dalla Banca significa andare a finire in un consiglio d’amministrazione del gruppo”. E al suo interlocutore, oltre a spiegare le sue frequentazioni politiche,  chiarisce che ha potere per dare l’ok ad alcune richieste di finanziamento. “I consiglieri hanno delega – afferma – ad avallare le pratiche”.

“LA TRATTATIVA ALIGRUP”. Il principale collaboratore di Marcuccio è D.Z., anche lui finito del ciclone dell’inchiesta. Ed è con lui che all’inizio del 2012 la Finanza intercetta una serie di telefonate dove vengono percorse le tappe dell’accordo che il “finto mediatore” avrebbe voluto concludere con l’Aligrup. “Lo scalino era 50 mila euro al mese” per poter chiudere la trattativa. L’acconto che l’organizzazione sistematicamente chiedeva ai propri clienti ancor prima dell’erogazione del denaro, un “anticipo” affinché la macchina potesse mettersi in moto. Ma le difficoltà finanziare del gruppo, oltre al fatto che una parte dell’azienda all’epoca era sotto amministrazione giudiziaria, sono stati ostacoli insormontabili.

“IL TIMORE DI UN’INDAGINE” In una telefonata tra Z. e Marcuccio una parte della discussione è incentrata proprio sull’affare Aligrup e l’ottimismo di poter raggiungere un accordo per “avere soldi a più riprese di acconto in acconto”. Marcuccio manifesta il timore che questa trattativa possa finire nelle mani della magistratura, e come evidenzia anche durante una chiamata con Porto (altro indagato), “non saprebbe come sostenere le proprie ragioni”.

“IL RIAGGANCIO CON SCUTO” La trattativa con Aligrup continua anche se in maniera zoppicante. A febbraio c’è il tentativo di riagganciare i rapporti ed ottenere almeno quei 50 mila euro di anticipo ed il resto con l’approvazione del Cda. Una richiesta che Scuto avrebbe detto di non poter accettare e di poter arrivare solo a 15mila euro con l’emissione di una fattura per consulenza esterna. La sera stessa avviene una telefonata dove viene ribadito che lo scoglio maggiore è lo “scalino dei 50 mila euro”. Già il giorno dopo, dal tono della telefonata si evince che la trattativa si è arenata. “Loro sono disposti a uscire solo 10 mila euro … quindi con queste condizioni non c’è possibilità di accordo”. A quel punto Z. li definisce “gentaglia” e Marcuccio “gente di poca… che al momento buono spariscono”.

“AL LIMITE DELL’ESTORSIONE”. In una telefonata viene chiarito il presunto motivo del perché l’accordo con Scuto sarebbe saltato. Z. dice a Marcuccio che Porto (uno degli indagati) gli avrebbe raccontato che Scuto “va dicendo che non si è concluso nulla perché loro gli avrebbero chiesto 50 mila euro…” al limite – secondo Porto – “dell’estorsione”. E a quel punto si sarebbe paventata l’potesi anche di mandare qualcuno per metterli in difficoltà.

MARCUCCIO NON SI ARRENDE. La trattativa salta ma i “mediatori” non si arrendono. Z. a marzo del 2012 chiama Marcuccio per informarlo che aveva appena avuto un colloquio con Salvatore Scuto della Aligrup e di avergli detto di “essere bene a conoscenza delle loro difficoltà finanziare e del fatto che non hanno ottenuto nulla dalle altre banche”. Marcuccio detta le condizioni: “Ora tu che avevi ripreso questo discorso, gli dovevi incominciare a dire che almeno ci devono dare dieci mila euro al mese, almeno…”.

QUATTROCCHI SCARCERATO.

LA CRICCA DELLA MEDIAZIONE FINANZIARIA

LE INTERCETTAZIONI 


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