I soldi, Gela e il Pd | Nuove liti tra Crocetta e Faraone - Live Sicilia

I soldi, Gela e il Pd | Nuove liti tra Crocetta e Faraone

Dall'anno prossimo non sono previsti più contributi per la Formazione. E Roma non ha dato il via libera all'accordo da 300 milioni previsto in finanziaria. Il governatore va all'attacco: "Renzi e quelli che gli stanno attorno dicano chiaramente se hanno a cuore la Sicilia. Ncd? Ho fatto bene a non aprire agli uomini di Alfano". Leotta verso le dimissioni.

PALERMO – I soldi non ci sono. Ed è pure finita la pace. “Ho smesso di fare il buono”. A Rosario Crocetta quella sconfitta brucia. A Gela, a casa sua, la debacle di Angelo Fasulo, però, sarebbe stata in qualche modo voluta, quasi programmata da “quelli”. Quelli del Pd, per la precisione. Il suo partito. E a cercare i responsabili di questa manovra che avrebbe avuto l’obiettivo proprio di “screditare” il governatore, indebolirlo, non si fa molta fatica. “Se Fasulo avesse vinto, si sarebbe detto che quella era la vittoria di Faraone. Adesso che ha perso, lo sconfitto sarei mio. Peccato che le cose non stanno esattamente così”. E a dimostrare l’esistenza di una “verità sotterranea” sarebbe stato, ad esempio, “il leale comportamento del segretario regionale Raciti, che non ha strumentalizzato quel risultato, perché sa bene come stanno le cose”. E le cose, secondo il governatore, starebbero così: lui non ha potuto scegliere il candidato a Gela, nella sua città. Anzi, Rosario Crocetta aveva anche individuato un altro nome, un giovane avvocato “che piaceva a tutti”. Ma è arrivato il veto. Di “quelli”. Cioè del suo partito.

E così, Gela appare solo COME l’epicentro del nuovo terremoto siciliano. Della nuova frattura tra governo regionale e governo nazionale. Che si lega sì, alle amministrative che hanno restituito esiti quantomeno contraddittori per i democratici, ma anche su fondamenta più concrete: i soldi. Come quelli per la Formazione professionale. Settore sul quale il governo Renzi ha già minacciato il commissariamento. Anzi, nello specifico, a lanciare l’avvertimento alla Sicilia è stato il ministero dell’Istruzione, dove il siciliano Davide Faraone ricopre il ruolo di sottosegretario. E il “braccio di ferro” è proprio quello lì. È sempre quello. “Abbiamo trovato – ha spiegato Crocetta – i soldi per la prossima annualità della Formazione. Ma dall’anno successivo non sappiamo come fare. Anche perché il governo centrale ci ha sottratto i fondi Pac che sarebbero serviti per finanziare i corsi. Forse è il caso di iniziare a restituirli”. A dire il vero, anche per questo primo anno di Formazione i soldi non basteranno. Servono infatti altri 60 milioni di euro. Ma non sono solo quelli i soldi che “mancano” a Crocetta. “Ancora attendo– dice – che Roma ratifichi l’accordo per trecento milioni di euro, previsto in Finanziaria. Ricordo bene che anche una delegazione del Pd si recò a Roma assicurando che quei soldi sarebbero stati presto sbloccati. Ma ancora, di quei soldi non c’è traccia. E senza quelli, io non posso lavorare alla nuova manovra”.

Soldi, ma non solo ovviamente. Perché il problema con Roma è essenzialmente politico. “Il vero rottamatore – ha insistito Crocetta – sono io. E non mi pongo in contrapposizione a Renzi. Io sono il più renziano dei renziani. Non sono certo come quelli che gli stanno attorno e che rappresentano il vecchio sistema”. E Crocetta cala anche qualche nome sul tavolo della polemica: “Il sindaco di Siracusa Foti o l’ex sindaco di Agrigento Zambuto appartengono a una politica del passato, mi pare ovvio”. Ma l’obiettivo di Crocetta, nonostante gli inviti a “non polarizzare” la questione, è un altro. Anzi un altro paio. “C’è gente che perde, che ha perso anche battaglie personali. Candidati alla regionali che hanno fallito le elezioni, o candidati a sindaco sconfitti”. E il riferimento, chiaramente, è rivolto a Davide Faraone e Fabrizio Ferrandelli. “Loro fanno i soloni e perdono, io sono quello che ha fatto vincere il centrosinistra in Sicila per la prima volta dal dopoguerra”.

Crocetta ha smesso di “fare il buono”. Ma le parole del governatore rischiano di tramutarsi in nuove tensioni all’interno della maggioranza. “A dire il vero – ricorda Crocetta – dal primo giorno dicono che vogliono sfiduciarmi, che vogliono commissariarmi. Lo facciano davvero, o la smettano. Anzi, ci mettano la faccia: il governo Renzi deve dire chiaramente se intende aiutare la Sicilia”.

E a dire il vero, nella giunta Crocetta un caso c’è già. L’assessore alla Funzione pubblica Ettore Leotta è a un passo dalle dimissioni. Il motivo alla base di quello che sarebbe il terzo addio al vertice dell’assesorato del personale sarebbe legato alle eccessive ingerenze operate da un lato dall’assessore all’Economia Baccei sul versante delle norme relative ai regionali, dall’altro anche sulla impossibilità di trovare una reale intesa sulla riforma delle Province, che ancora non è tornata nemmeno a Sala d’Ercole. Leotta era arrivato a gennaio al posto di Marcella Castronovo, rimasta in giunta solo un paio di mesi dopo aver sostituito, a sua volta, Patrizia Valenti.

Un addio, quello di Leotta, che potrebbe avere però anche un significato politico forte. In qualche modo suggerito dalle parole che il governatore Crocetta ha rivolto all’Ncd di Alfano: “Ho avuto ragione – ha detto – a predicare prudenza nei confronti di una possibile apertura a Ncd, visti i fatti recenti, come quelli riguardanti il Cara di Mineo (un’inchiesta che ha coinvolto, tra gli altri, anche il sottosegretario Giuseppe Castiglione, ndr) o la vicenda che ha riguardanto Simona Vicari (il riferimento stavolta è alle indagini sulle ‘visite sospette’ in carcere a Totò Cuffaro, ndr). Per carità, – ha aggiunto Crocetta – in quel partito ci sono anche persone perbene. Ma politicamente, è meglio che Ncd sia rimasto fuori dal governo”. Ma gli alfaniani, nei mesi scorsi, hanno dato vita, a Roma, ad Alleanza popolare: una formazione politica frutto della ‘fusione’ con l’Udc, oggi al governo con Crocetta. E così, l’addio di Leotta potrebbe rappresentare un primo segnale di ‘smarcamento’ dei centristi dall’esperienza del governo regionale. “Per me – ha detto Crocetta – l’Udc rimane uno dei partiti su cui si è fondato il patto elettorale alla base della mia elezione a Palazzo d’Orleans. E io sarò sempre leale con loro. Certo, se fosse l’Udc a chiedere di lasciare la giunta, potrò farci poco”. Ma a quel punto, con mezzo Pd “ostile”, il governatore si ritroverebbe all’angolo. Che diverse “bombe” (dalla Formazione, ai Comuni) pronte a espolodergli tra le mani.


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