Il parroco dello Zen: "Provo pietà per la preside Lo Verde"

Il parroco dello Zen: “Provo pietà per la preside Lo Verde”

Padre Giovanni Giannalia: "Il quartiere colga una opportunità di riscatto".

Padre Giovanni, qual è stata la sua prima impressione dopo avere appreso della vicenda della preside dello Zen?
“È stata di pietà per la preside e spero che riesca a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita. Come cristiano credo nella risurrezione di Cristo, ma anche nella possibilità di ogni uomo di risorgere. Se viveva in questo disordine, quanto sta accadendo può essere la premessa per un suo passaggio dalle tenebre alla luce”.

Pietà. Usa una parola straniera, in questi giorni, padre Giovanni Giannalia, parroco dello Zen da meno di un anno. Siamo nel cuore di una storia terribile, punteggiata dalle note accuse alla preside della scuola ‘Falcone’, Daniela Lo Verde. Tutti sono arrabbiati, ovunque. Ma c’è l’eco di quella parola.

Un sentimento nobile ma poco condiviso. Nel quartiere e in tutta la città regna la rabbia. Cosa ne pensa?
“La rabbia non è mai buona consigliera. Spero che l’indignazione si trasformi in desiderio fattivo e operoso di impostare le cose in un modo nuovo e, dal mio punto di vista, questa può essere una opportunità”.

Lei che idea ha?
“Si tende a leggere la vicenda, inquadrandola dal punto di vista del quartiere disagiato e dei fatti pesanti attribuiti alla preside, cose che hanno senz’altro un profondo impatto. Io vorrei però evidenziare una disfunzione di sistema. Se ci fosse stato un modo di procedere più partecipato, attenzione a vari livelli, corresponsabilità, occasioni di verifica e di controllo, penso che non si sarebbe potuto arrivato a tanto”.

Come sarà, d’ora in poi, il cammino della scuola?
“Questa triste vicenda può diventare per la ‘Falcone’ una opportunità per un modello diverso di scuola, più aperto e partecipato, in un contesto come quello del nostro quartiere che ha sì le sue difficoltà, ma che è anche affascinante e stimolante. Qui è davvero tanto il bene che si può fare e c’è il fermento per far nascere cose nuove e belle”.

Incontrerà il nuovo preside, Domenico Di Fatta?
“Lo vedrò proprio oggi alla Santa Messa. Lui e la scuola hanno senz’altro il pieno appoggio della parrocchia in questo nuovo inizio e del resto abbiamo almeno due cose importantissime in comune: i ragazzi, con le loro famiglie, e l’interesse per il bene collettivo”.

Avrebbe una ricetta per il rinnovamento? Cosa si può fare?
“Penso francamente che questo quartiere possa cambiare solo con un lavoro di profondità e se si cerca di penetrare nel suo interno. C’è bisogno di uomini e donne che sentano questa chiamata, abbiano desiderio di rispondere e, con umiltà, costanza e pazienza, si pongano ad edificare il bene comune. La scuola in questo senso può fare tantissimo. È davvero un luogo di speranza. Non credo, invece, che interventi estemporanei e occasionali possano cambiare molto le cose”.

Cosa chiedere alla politica?
“La sfida qui è grande. Non so se realmente la politica l’abbia mai raccolta e se sia in grado di raccoglierla. Lo sforzo che richiede un reale cambiamento qui supera le forze e le competenze della sola politica. Speriamo che emergano figure che vogliano scendere sul serio nell’agone di questa battaglia”.

Come missionario, invece, cosa pensa di potere fare?
“Il bene che si può fare è davvero tanto ed io mi sento parte di questa realtà. Parlare al cuore dell’uomo, curare le sue ferite, essere solidali l’uno con l’altro, aprire prospettive nuove che allargano gli orizzonti, dare speranza e conforto, fondare su un Dio che ci precede, ci accompagna, ci conosce e ci aspetta e ci ama, tutto questo credo possa contribuire alla rinascita del quartiere perché appunta alla nostra personale resurrezione”. (rp)


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