CATANIA – “Qualcuno si è interessato di me in questi anni, ma non certo per scagionarmi” e per questo auspico che “la magistratura, alla quale mi rivolgerò, faccia presto luce su questo episodio”. Lo afferma l’ex presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, su rivelazioni del ‘pentito’ Galatolo, pubblicate oggi dal quotidiano “La Repubblica” che lo chiamano in causa. “Leggo che il signor Galatolo, collaboratore di giustizia – prosegue l’ex governatore – ha dichiarato che gli è stato confidato, da persona di cui non mi è dato conoscere l’identità “che agenti dei servizi segreti avrebbero chiesto in carcere ad un mafioso catanese di scagionarmi, in cambio di denaro. Non essendone seguito alcunché, debbo ritenere che il mafioso si sia rifiutato, anche loro hanno un’etica, e non se ne sia fatto nulla. Quindi se c’è stato un intervento ‘dall’alto’ è stato per accusarmi e non certo per discolparmi”. Lombardo auspica che “la magistratura, alla quale mi rivolgerò, faccia presto luce su questo episodio”. “Sul contenuto delle dichiarazioni del mafioso – sottolinea – se vi sono mai stati ed eventualmente chi erano i suoi misteriosi interlocutori, su quando e come abbiano fatto ad introdursi in carcere, di quali eventuali complicità si siano giovati e su tutto ciò che riterranno opportuno accertare di preciso e circostanziato anche per evitare che storielle paradossali e criminali svoltesi in un tempo e luogo indefinito e tra persone non identificate (o magari già defunte) come quelle già ‘note’ alla mia storia abbiano a susseguirsi – conclude l’ex governatore – prima ed in ‘fortunata’ coincidenza con lo svolgimento del mio processo d’appello”. (ANSA).
Lombardo auspica che "la magistratura, alla quale mi rivolgerò, faccia presto luce su questo episodio"
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