(Margherita Nanetti – Ansa)
ROMA – Hanno fallito il bersaglio, in Cassazione, le difese degli ex ufficiali dell’Arma – Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno – imputati nel processo sulla ‘trattativa’ Stato-mafia del quale hanno chiesto, invano, il trasferimento da Palermo a Caltanissetta. Dopo una veloce camera di consiglio, durata meno di novanta minuti, i supremi giudici della Sesta sezione penale, presieduti da Antonio Agrò, hanno infatti respinto la richiesta di spostare il processo. Con condanna dei tre ex del Ros a pagare le spese di giustizia. Senza successo, dunque, i loro legali si sono battuti senza esclusione di colpi. A nome di tutti e tre ha preso la parola – nell’udienza svoltasi a porte chiuse – il professor Enzo Musco, difensore di Mori e professore di diritto penale all’Università romana di Tor Vergata, che non ha esitato a ricorrere ai ‘colpi bassi’. Se lo scorso 5 marzo, quando l’istanza è stata presentata in Corte d’Assise, il motivo propulsivo della richiesta faceva riferimento al rischio per la pubblica incolumità dopo le minacce di Totò Riina al pm Nino Di Matteo, stamani Musco ha invece giocato la carta del “processo politico” imbastito come trampolino elettorale per l’ex pm Antonio Ingroia
A sostegno di questa tesi, tirata in ballo all’ultimo momento, l’avvocato di Mori ha addirittura letto le dichiarazioni rese al Csm dal Procuratore capo di Palermo Giuseppe Messineo che, a suo avviso, dimostrerebbero la spaccatura del pool e i condizionamenti di Ingroia nella conduzione del processo sulla ‘trattativa’. Ma questi argomenti non hanno convinto il sostituto procuratore generale della Suprema Corte Edoardo Scardaccione che ha ritenuto “infondate” sia le preoccupazioni sull’ organizzazione della sicurezza a Palermo, città abituata da decenni a convivere con lo svolgimento di processi alla mafia, sia l’affondo sulla natura politica del processo a chi, dopo le stragi del ’92, è accusato di essere sceso a patti con Cosa Nostra. Il verdetto degli ‘ermellini’ dimostra, secondo l’avvocato Giovanni Airò Farulla che rappresenta il Comune di Palermo costituitosi parte civile, che “la Cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’avvocato Musco, ha ritenuto che semmai sono le istanze di rimessione ad aver avuto scopi politici o, comunque, di interessi diversi da quelli previsti dal diritto a tutela degli imputati”. “La città di Palermo per questo genere di processi – ha sottolineato Airò – è la città più sicura e attrezzata d’Italia per lunga esperienza che purtroppo ha maturato nel corso degli anni”. Insieme all’avvocato di Palazzo dei Normanni e all’Avvocatura dello Stato rappresentata da Ettore Figliolia in rappresentanza del Consiglio dei ministri, tutti i legali delle parti civili presenti in Cassazione si sono opposti al trasferimento. Il ‘no’ è venuto dal ‘Centro studi Pio La Torre’ con l’avvocato Ettore Barcellona, e dall’associazione ‘Libera, nomi e numeri contro le mafie’, con l’avvocatessa Vincenza Rando.
A sorpresa, Luca Cianferoni difensore di Totò Riina e anche a nome di Salvatore Riina, Massimo Ciancimino, Giovanni Brusca e Leoluca Bagarella, si è opposto – anche lui – al trasferimento. Chi pensava che le minacce di Riina fossero un escamotage per creare allarme e spostare il processo da Palermo, potrebbe addirittura trarre conferma di ciò dalla posizione ‘mimetica’ assunta dal suo legale di fiducia. Nessun interesse per la rimessione è stato invece dimostrato dai legali di Marcello Dell’Utri che non si sono visti sebbene per questo processo abbia nominato l’avvocato Pietro Federico insieme a Giuseppe Di Peri che ormai dovrebbe aver esaurito il periodo di convalescenza che ha fruttato il rinvio al 9 maggio dell’udienza ‘finale’ sul concorso esterno anche per l’intervento chirurgico subito dal collega Massimo Krogh. Assenti pure i legali di Nicola Mancino: ancora Krogh, con Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario del governo Renzi che non ha rimesso il mandato nonostante sia stato evidenziato da alcuni legali oggi presenti il ‘conflitto’ di interessi nel processo sulla ‘trattativa’ dal momento che Palazzo Chigi si è costituito parte civile. Come parte civile, anche l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, rappresentato da Franco Coppi e Francesco Bertorotta, ha ritenuto di non intervenire e non prendere posizione nell’udienza sulla rimessione.