“Il rimpasto? Sì, ma non adesso | Serve una nuova forza sicilianista” - Live Sicilia

“Il rimpasto? Sì, ma non adesso | Serve una nuova forza sicilianista”

Il capogruppo dei Popolari e autonomisti, Carmelo Pullara: "Coronavirus? Un 'bollino' per i locali sicuri".

“Serve un nuovo soggetto. Non solo autonomista, ma regionalista. E chissà, magari presto nascerà”. Carmelo Pullara guida all’Ars un gruppo che ha nel nome un manifesto politico: “I popolari e autonomisti” radunano deputati di tradizione centrista e lombardiana, soprattutto. Il capogruppo lancia un avviso al resto della maggioranza: “Intanto, pensiamo all’emergenza economica, poi verrà il tempo del  rimpasto”.

Onorevole, intanto di rimpasto si parla già in queste ore. Il presidente dell’Ars e coordinatore di Forza Italia Micciché, in una intervista a LiveSicilia ha proposto addirittura di ‘azzerare la giunta’”.

“Io mi ritengo il meno politico tra i politici. Quello che le posso dire è che in un vertice di maggioranza abbiamo fissato una specie di calendario: prevedeva il rimpasto dopo l’approvazione del bilancio. Ma io ho un’altra idea in merito”.

Quale?

“Penso che oggi la gente non capirebbe. E credo che sarebbe più logico fare in modo che le proposte di legge già al vaglio per la ripresa economica, siano portate avanti mantenendo in carica gli assessori al ramo. A quel punto, se si vorrà, si pensi pure al rimpasto. Ma magari tra un po’, verso giugno. Facciamo in modo che la ‘fase 2’ del governo coincida con la ‘fase 3’ dell’Italia e della Sicilia”.

Nel merito, però, non è contrario. Lei dice: aspettiamo un po’.

“Sì, esatto. Dico che oggi, di fronte a quello che c’è in giro, non è la priorità. Ma credo anche che un tagliando andrebbe fatto. Se ti abitui a guardare uno spigolo rotto, finisci per non accorgerti più che è rotto….”.

Ma qui Micciché propone di cambiare proprio il tavolo. Di cambiare, cioè, l’esecutivo quasi in blocco.

“L’ipotesi di Micciché ci può stare, perché no? Ovviamente, non significa che qualche assessore non possa essere confermato. Si può provare a dare nuovi stimoli, uno scossone. E lo stesso dovrebbe avvenire all’Ars, con le commissioni. E non mi riferisco solo ai presidenti, ma a tutti i componenti. Una bella rotazione, insomma, come si fa anche con i dirigenti ogni tanto. Non c’è niente di male”.

A proposito di Ars, non è sfuggita la frequenza con cui vengono diffusi comunicati stampa firmati da otto deputati della maggioranza. Deputati di almeno quattro partiti diversi (Autonomisti, Lega, Ora Sicilia e Forza Italia). Che succede? Esiste, tra i gruppi dell’Ars una specie di gruppo trasversale?

“Siamo otto deputati che si sono trovati in sintonia su alcune questioni e su una impostazione generale: quella di mettere al centro di tutto le problematiche concrete, le questioni vere. Siamo soddisfatti perché il gruppo rappresenta quasi tutte le Province siciliane. Ci siamo ritrovati in otto, ma potevamo essere anche di più. Ma la politica è dinamica, chissà, magari cresceremo ancora…”.

Al di là delle questioni concrete, però, questo gruppo sembra avere comunque un suo Dna. La metà dei deputati, ad esempio, ha avuto esperienze politiche con l’Mpa di Lombardo o in sintonia con questo… si prepara un nuovo Movimento per l’autonomia, insomma?

“Il problema non è più l’Autonomia. Questi deputati appartengono a una visione, semmai, regionalistica. Ritengo infatti che senza regionalismo, senza un potere maggiore affidato alle Regioni, anche l’Autonomia è depotenziata, resta solo sulla carta. Già in occasione di questa Finanziaria abbiamo voluto lanciare un segnale in questo senso: una norma a difesa dei prodotti ‘autoctoni’. Abbiamo inserito proprio questo termine”.

Bene, quindi le ripeto: si sta lavorando a una nuova forza politica?

“Stiamo ragionando attorno a una entità che possa essere aggregante. Io credo che oggi possa essere molto utile. E, cosa più importante, ho l’impressione che sia in sintonia col sentire della gente. Oggi i cittadini, a mio parere, si rivolgono ai partiti solo perché non esiste un contenitore forte che difenda le Regioni. Non hanno un riferimento che richiami al senso di appartenenza alla propria terra. Noi pensiamo a questo”.

Intanto, come lei ricorda, c’è da superare l’emergenza sanitaria ed economica dovuta al Coronavirus. Come è stata gestita questa fase critica in Sicilia, secondo lei?

“Io credo sia stata gestita nel migliore dei modi. Alcune lamentele che ho sentito sono ingiuste. Penso ad esempio alla creazione di reparti Covid negli ospedali. Nell’immediato, di fronte a quella situazione, serviva una risposta di quel tipo. Ora bisogna pensare diversamente e guardare oltre. Io credo che tra un anno il Coronavirus non sarà più una emergenza. Allora noi dobbiamo fin da adesso pensare a come fronteggiare eventuali altre epidemie o difficoltà. Penso ad esempio al fatto che i fondi che oggi sarebbero destinati a Covid hospital potrebbero essere usati per riconvertire alcune strutture non utilizzate o sottoutilizzate in centri per malattie infettive, sul modello dello ‘Spallanzani’ di Roma. E allo stesso tempo, va creata una rete sul territorio, favorendo il decentramento oggi più semplice anche grazie alle nuove tecnologie”.

Questo per quanto riguarda gli aspetti sanitari. Andiamo a quelli economici, e alla polemica più recente: i ritardi nell’erogazione della Cassa integrazioni in deroga. Che idea si è fatto? Di chi è la responsabilità? Scavone è un assessore designato dalla vostra forza politica.

“Io credo che su questo caso sia necessaria una ‘operazione verità’. La mia impressione è che le responsabilità siano diverse. I siciliani meritano di sapere cosa è successo davvero e soprattutto a cosa si deve quel ritardo. Non si tratta solo di una disfunzione burocratica, le conseguenze incidono sulla carne viva delle persone. Non si può quindi far finta di nulla: bisogna chiarire, ammettere gli sbagli se ci sono stati e nel frattempo sbrigarsi, accelerare con le procedure”.

Anche perché, probabilmente, quella della crisi economica sarà un’onda lunga. Gli effetti non termineranno certamente col calo dei contagi. Probabilmente siamo solo all’inizio. Lei la vede così?

“Purtroppo sì, temo infatti che il sostegno economico, anche quello che abbiamo previsto in Finanziaria, potrebbe non bastare. Nei prossimi mesi noi sconteremo anche il senso di sfiducia della gente, i timori a tornare alla vita normale, a recarsi ad esempio in un ristorante. Per questo ho lanciato una idea, che spero venga presto inserito nella prossima legge in discussione all’Ars”.

Di cosa si tratta?

“Penso a una specie di ‘marchio di qualità’ da assegnare a quegli esercizi che dimostrano di avere rispettato alla lettera tutte le misure per prevenire il rischio contagio: penso al distanziamento, alla disinfezione dei locali… una specie di bollino che abbia il compito di dire: qui potete stare tranquilli, non rischiate nulla. Oltre a destinare fondi, infatti, dobbiamo provare a trasmettere anche un po’ di sicurezza”.


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