Il ruolo di Magrì nella nuova cupola |Il genero e il potere a Librino - Live Sicilia

Il ruolo di Magrì nella nuova cupola |Il genero e il potere a Librino

I Santapaola avrebbero dovuto appianare alcune tensioni con i palermitani. A quell'incontro era presente anche Marcello Angelo Magrì.

le inchieste della dda
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CATANIA – Si fa più definita la fotografia di Cosa nostra catanese. L’arresto di Marcello Magrì, fratello del più noto Orazio catturato in Romania, permette di scattare un’immagine più chiara della gerarchia della cupola catanese che con il blitz Kronos era stata smantellata. I Santapaola Ercolano hanno dovuto correre ai ripari e Marcello Magrì, che era in libertà da circa un anno, ha rappresentato l’uomo su cui si sarebbero concentrati alcuni ruoli direttivi. Almeno questa è la ricostruzione che emerge dalle ipotesi investigative della Dda e del Ros.

Visto il ruolo “importante” che avrebbe rivestito all’interno del clan, Marcello Magrì avrebbe potuto avere anche autonomia nella scelta degli uomini fidati a cui delegare incarichi direttivi. E tra i suoi fidati potrebbe esserci il genero Carlo Burrello, coinvolto nella retata “Grimaldi Square”. Secondo la Dda era il referente operativo della piazza di spaccio di viale Grimaldi. Attraverso Magrì forse i Santapaola stavano cercando di avere il controllo diretto di Librino, da anni “governato” attraverso la famiglia Nizza. Un clan che ha perso potere per diversi fattori. Andrea Nizza, il reggente, si nasconde per evitare la cattura. I suoi fiancheggiatori sono stati (quasi) tutti arrestati. A far crollare il predomino dei Nizza è stato anche l’ex uomo d’onore Fabrizio, che ha deciso di collaborare con la giustizia. E quale cosca darebbe l’appoggio al fratello di un pentito?

Marcello Magrì, dunque, potrebbe aver pianificato un rafforzamento e un radicamento del potere criminale dei Santapaola messo a dura prova dalle azioni di polizia giudiziaria. Il piano, però, (se l’ipotesi fosse confermata) è stato stroncato dalla scelta della Procura di far scattare le manette nei confronti del fratello del boss Orazio Magrì. Marcello – dicono gli investigatori – stava pianifando la latitanza:  tra pochi giorni potrebbe diventare definitiva la condanna a sei anni per estorsione.

Marcello Magrì arriva ai vertici del potere non all’improvviso. Già prima della retata Kronos aveva un posto di rilievo nel clan. Il fratello del boss Orazio Magrì accompagnava infatti Francesco Santapaola agli incontri più importanti, dove si definivano strategie e si appianavano tensioni e divergenze anche con la mafia palermitana. Nella scalata di Ciccio Santapaola, figlio di un cugino dell’ergastolano Nitto, ha avuto un peso specifico il suo cognome. Con lui infatti il comando era tornato nuovamente alla “famiglia di sangue”.

Parlavamo di contatti con esponenti della mafia palermitana. Dell’asse tra Catania e Palermo hanno parlato gli investigatori della Dia nella relazione di un anno fa. I Ros monitorano un appuntamento preciso. E’ il 17 dicembre 2015. Marcello Magrì e Francesco Santapaola (insieme ai due esponenti della famiglia calatina Di Benedetto e Pappalardo) incontrano Antonio Giovanni Maranto. C’era da mettere a posto una questione: Cosa nostra etnea avrebbe vantato pretese su un compendio imprenditoriale della parte occidentale dell’isola. Territorio storicamente controllato dai mandamenti palermitani.

Per capire la valenza di questo “rendez-vous” bisogna partire dal profilo criminale dell’emissario inviato da Palermo. Maranto avrebbe avuto rapporti riservati con Giuseppe Guttadauro, reggente del mandamento di Brancaccio e fratello di Filippo, cognato del superlatitante Matteo Messina Denaro. Il 31 maggio scorso il nome di Maranto compare nell’ordinanza scaturita dall’inchiesta condotta dai Carabinieri di Palermo Black Cat. Secondo la ricostruzione della Dda di Palermo, Maranto – dalla fine del 2012 – avrebbe assunto il ruolo di capo della famiglia di Polizzi Generosa, “che  avrebbe cooperato – scrivono gli inquirenti – con Francesco Bonomo, reggente del mandamento di San Mauro Castelverde e dell’omonima famiglia, nella gestione dell’intero mandamento. Inoltre Mantaro avrebbe svolto un’importante funzione di raccordo con altre articolazioni di cosa nostra operative in tutto il territorio siciliano”. A questo punto, visto l’appuntamento alle falde dell’Etna, avrebbe tenuto i contatti anche con la famiglia Santapaola.


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