Il 'sistema Saguto' al setaccio | Venti indagati e 79 reati - Live Sicilia

Il ‘sistema Saguto’ al setaccio | Venti indagati e 79 reati

Silvana Saguto

Una montagna di carte sul cerchio magico dell'ex presidente della sezione Misure di Prevenzione. Indagata anche l'ex prefetto Cannizzo.

PALERMO – Venti indagati, settantanove capi di imputazione, un sequestro da 900 mila euro che colpisce, tra le altre cose, l’abitazione di Silvana Saguto e i conti correnti di Gaetano Cappellano Seminara.

Dal magma del “sistema Saguto” emerge una montagna di ipotesi di corruzioni, falsi, abusi e favori. E siamo solo all’inizio. L’elenco degli indagati, oltre all’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, comprende i nomi dei magistrati Fabio Licata (avrebbe saputo e rivelato alla presidente la notizia riservata dell’esistenza dell’inchiesta), Lorenzo Chiaramonte (abuso d’ufficio per non essersi astenuto quando fu nominato un suo amico, Antonio Ticali, come amministratore giudiziario) Tommaso Virga e prosegue con il figlio di quest’ultimo, Walter, il marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, il figlio Emanuele, e il padre del magistrato, Vittorio Saguto (riciclaggio del provento della corruzione); l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, il colonnello della Dia Rosolino Nasca, gli amministratori giudiziari Gaetano Cappellano Seminara, Roberto Nicola Santangelo  Aulo Giganti (avrebbe assunto persone segnalate dalla cancelliera Dorotea Morvillo nell’amministrazione giudiziaria dei negozi Niceta) e Antonio Ticali; i docenti universitari Carmelo Provenzano, Roberto Di Maria e Luca Nivarra; i consulenti Marina Ingrao e Calogero Manta, il cancelliere del Tribunale Elio Grimaldi.

Il sequestro arriva al termine di un anno di lavoro da parte dei finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Palermo. Gli investigatori, agli ordini del colonnello Francesco Mazzotta, hanno passato al setaccio tonnellate di atti giudiziari, fatture, liquidazioni. L’informativa ha costituito la spina dorsale del decreto urgente di sequestro firmato dal procuratore Amedeo Bertone, dagli aggiunti Lia Sava e Gabriele Paci, e dal sostituto procuratore Cristina Lucchini.

L’elenco dei capi d’imputazione si apre con i reati di abuso d’ufficio contestati a Virga padre, Saguto e Licata. L’ex presidente considerava Walter Virga “un ragazzino da niente” eppure gli assegnò prima l’amministrazione giudiziaria della catena di negozi Bagagli e poi l’impero Rappa “esclusivamente in funzione della protezione che si attendeva dal padre Tommaso Virga”. Che, oltre a essere stato presidente di una sezione penale del Tribunale, dal 2010 al 2014 aveva fatto parte del Csm. La Saguto sperava che Virga senior le desse una mano per il procedimento disciplinare che pendeva su di lei al Consiglio superiore della magistratura. Virga, come annotano i pm, “le chiedeva o si limitava a manifestare un interesse affinché il figlio fosse nominato amministratore giudiziario”.

Una volta preso possesso del sequestro Rappa, Walter Virga avrebbe organizzato una presunta truffa per nominare Luca Nivarra, professore di Diritto civile all’Università di Palermo e avvocato, come consulente per gestire le pratiche legali di cui altri professionisti si stavano già occupando. Una consulenza da 15 mila euro per sei mesi per coordinare, secondo l’accusa solo sulla carta, cause che riguardavano la Finmed e la Med Immobiliare. Tra i primi favori ottenuti dalla Saguto ci sarebbe stata l’assunzione di Mariangela Pantò, fidanzata di una dei figlio, nello studio di Walter Virga.

All’ex presidente, assieme al marito e a Cappellano Seminara, viene contestato il reato di associazione per delinquere. Il patto avrebbe previsto che Saguto nominasse l’amministratore giudiziario ottenendo in cambio la nomina del marito come consulente. Caramma avrebbe così incassato parcelle “gonfiate” oppure per prestazioni mai svolte. Un meccanismo che avrebbe contribuito a fare di Cappellano Seminara il recordman di incarichi. Nel patto corruttivo sarebbero rientrate le nomine nelle procedure “Salvatore Sbeglia, Francesco Paolo Sbeglia, Bordonaro, Maranzano, Spadaro, Abbate, Ponte”, e un serie di liquidazioni in favore di Cappellano Seminara, fra cui quella da cinque milioni di euro per la gestione del patrimonio dei “Fratelli Sansone” e i 484 mila euro per la clinica Villa Santa Teresa sequestrata a Michele Aiello.

Lunga la lista delle consulenze per centinaia di migliaia di euro pagate da Cappellano a Caramma che riguardano sequestri disposti da altri Tribunali siciliani. Perché Cappellano aveva incarichi in tutta l’Isola: Calcestruzzi (Caltanissetta), Ignazio Agrò (Agrigento), Diego Agrò (Agrigento), Allegro (Caltanissetta), Tarantolo (Trapani), Amoddeo (Palermo), Padovani (Caltanissetta).

Ad un certo punto, però, forse perché aveva capito di rischiare grosso, l’ex presidente Saguto avrebbe deciso di puntare non più su Cappellano Seminara ma su altri amministratori giudiziari. Ed ecco che i pm contestano la nascita di una nuova associazione a delinquere di cui avrebbero fatto parte il marito, Carmelo Provenzano e Roberto Nicola Santangelo. Avevano in mente “un piano più grosso, cioè un progetto professionale, politico”. Il piano passava attraverso il licenziamento di alcuni dipendenti delle società per piazzare loro amici. E così a Santangelo e Provenzano fu assegnata la gestione dei sequestri Acanto, Virga, Ingrassia, Vetrano e Raspanti. La Saguto in cambio avrebbe piazzato alcune assunzioni su richiesta, ricevuto cassette di frutta e verdura, ottenuto una corsia preferenziale per il figlio che doveva laurearsi alla Kore di Enna. Il professore Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza e relatore della tesi di Emanuele Caramma in Diritto costituzionale, lo avrebbe aiutato per “la fine di un percorso”. E anche lui sarebbe stato ripagato con una consulenza. Santangelo e Provenzano avrebbero scambiato le amministrazioni giudiziarie come un ufficio di collocamento personale per mogli, nipoti, cognati e amici.

Stessa cosa sarebbe avvenuta con Rosolino Nasca, colonnello della Dia fino a pochi mesi fa in servizio a Palermo, che avrebbe tenuto in pugno un altro amministratore giudiziario, Giuseppe Rizzo, tramite il quale contava di sistemare il marito della Saguto (“Tranquilla ti dico io come fare… non comparirà da nessuna parte. Come? Viene assunto da una terza persona”), la fidanzata del figlio (“Vabbè tanto poi la sistemiamo ancora meglio, non ti preoccupare”).

Anche l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo è indagata per concussione in concorso con la Saguto che avrebbe sfruttato il suo ruolo di presidente per imporre all’amministratore Alessandro Scimeca l’assunzione del figlio di un amico della Cannizzo, Richar Scammacca, all’Abbazia Sant’Anastasia sequestrata a Francesco Lena.

Non è tutto: ci sono, infatti, i soldi in contanti che la Saguto e i suoi familiari avrebbero ottenuto da amministratori giudiziari, compiacenti o vittime del sistema.

 


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