Il sogno spezzato di mia figlia - Live Sicilia

Il sogno spezzato di mia figlia

La lettera. Un papà ci scrive per raccontare la storia di sua figlia. Nel profondo Sud che "stritola" i sogni.

C’era una volta la legalità e la giustizia, forse. Ma di questi due valori non vi è traccia nell’ennesima storia di burocrazia, patologia soltanto italiana ma presente soprattutto nel profondo Sud dove vivo quotidianamente.

Dicevo, c’era una volta una ragazza che dopo tanti mesi trascorsi lontano da casa, Palermo, per studiare a L’Aquila nella Facoltà di Scienze Infermieristiche, pensò bene, o forse male, di fare ritorno a Palermo, per rivedere i suoi affetti, con un tirocinio che doveva essere sottoscritto tramite una convenzione fra l’Università di L’Aquila e quella di Palermo, quindi il Policlinico Universitario Paolo Giaccone. Ma la ragazza non conosceva appieno i meandri di una farraginosa macchina infernale che nel profondo Sud stritola tutti i buoni propositi. Così attese e attese per mesi che qualcuno si decidesse a mettere una fatidica firma sull’apposita convenzione che le avrebbe permesso di ritornare per qualche mese a Palermo dai suoi. Fino a che, l’ultimo giorno utile per scegliere la sede del tirocinio si scopre che il funzionario preposto ha avuto un incidente in ufficio e che è impossibilitato a mandare avanti le pratiche burocratiche preposte.

Dopo averlo saputo la ragazza si mise prima a piangere, poi diede spazio alla delusione e allo sconforto decidendo addirittura di cambiare residenza e quindi luogo di abitazione. Questa che mi tocca da vicino, visto che la protagonista è mia figlia di appena 22 anni, è soltanto una delle tantissime storie davvero desolanti che evidenzia che la Sicilia in generale e Palermo in particolare non hanno fatto in realtà neanche un passo in avanti in legalità e giustizia. Si perché fin quando ci saranno giovani che come mia figlia decidono di non tornare più a Palermo per questa o per ragioni simili, allora sicuramente la mia generazione e quella dietro di me ha sbagliato ancora una volta. Inutile dire che io e mia moglie ci siamo precipitati al Policlinico almeno per una spiegazione ma nessuno e dico nessuno è riuscito a fornircela aggiungendo il danno alla beffa con una serie di giorni tolti e quindi non retribuiti ai nostri rispettivi posti di lavoro.

Per questo ancora una volta mi vergogno come mia figlia di essere palermitano, italiano nonostante questo dovesse essere motivo d’orgoglio fosse soltanto per il sacrificio di uomini come Falcone e Borsellino che hanno dato la vita non solo per arrestare l’ondata criminosa di cosa nostra ma anche e soprattutto per cambiare il volto e la mentalità delle nuove leve chiamate un giorno a reggere le sorti del nostro (vostro) Paese. Vergognatevi insieme a me che non ho saputo dare spiegazioni valide a mia figlia che adesso mi ha anche riferito di voler andare all’estero subito dopo la laurea.

Rosario Marotta

 


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