Imprenditori, politici e tangenti | Palazzolo racconta Cosa nostra - Live Sicilia

Imprenditori, politici e tangenti | Palazzolo racconta Cosa nostra

Vito Roberto Palazzolo

Il finanziere di Terrasini confermerebbe i risultati delle indagini patrimoniali della Dia che ha sequestrato l'impero economico del costruttore monrealese Calcedonio Di Giovanni. Tra i beni, anche un centinaio di case nel villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara.

LE RIVELAZIONI
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PALERMO – Grandi affari e tangenti. Nel racconto di Vito Roberto Palazzolo spuntano le mazzette e i politici collusi o presunti tali. Fatti datati, almeno quelli finora ricostruiti, ma che tornano d’attualità e aprono nuove possibilità investigative.

I verbali del finanziere di Terrasini arrestato dopo una lunga latitanza in Sudafrica confermerebbero, innanzitutto, i risultati delle indagini patrimoniali della Direzione investigativa antimafia che lo scorso ottobre ha sequestrato l’impero economico del costruttore monrealese Calcedonio Di Giovanni. Tra i beni, che valgono mezzo miliardo di euro, passati in amministrazione giudiziaria ci sono anche un centinaio di case nel villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara.

Ed è proprio a Kartibubbo che, secondo l’accusa, sarebbe emerso il collegamento fra Di Giovanni e Palazzolo, uno dei principali artefici del riciclaggio del denaro sporco di Cosa nostra. Palazzolo collabora con i magistrati di Palermo. Delle sue dichiarazioni si è saputo poco, pochissimo. Si conosce il contenuto di un paio di verbali depositati davanti alla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. L’uomo partito da Terrasini e diventato ricco in giro per il mondo racconta che nel corso degli anni Settanta, quando voleva in Germania, aveva incontrato dei soci tedeschi, “imprenditori e politici”, per realizzare il complesso turistico a Campobello attraverso la Corporation Park.

È una delle società sequestrate a Di Giovanni. “Erano stati frapposti diversi ostacoli burocratici – spiega Palazzolo – e il sindaco Nenè Passanante si era opposto al progetto”. A quel punto, però, sarebbe stato chiesto “un sostegno ad un certo Centineo che a sua volta si era rivolto a Nenè Geraci che incontrò Passanante”. Geraci, ormai deceduto, è stato il padrino della cosca mafiosa di Partinico.

Come andò a finire lo ricostruisce sempre Palazzolo, sostenendo che “le vicende si appianarono mediante i pagamenti quando si rivolsero ad un progettista di area socialista, tale ingegnere Toscano”. Parlando di “pagamenti” intende dire mazzette e lo spiega subito dopo: “I fondi per il pagamento delle tangenti vennero recuperati attraverso una sopravvalutazione dell’opera, apparentemente indicata in due miliardi e mezzo di lire mentre ne sarebbero bastati due miliardi”.

A quel punto l’ingegnere Toscano avrebbe presentato un “tale Pantalena che aveva ricevuto l’appalto per la ricostruzione del paese di Santa Fninfa dopo il terremoto del ’68”. Solo l’intervento della politica, però, avrebbe messo a posto le cose. Palazzolo ricorda che “Toscano presentò tale Vito Cusumano, onorevole socialista, che fu la persona che riuscì a risolvere i problemi autorazzativi con le tangenti”. Cusumano, anche lui nel frattempo deceduto, è stato ex sindaco di Salemi, ma soprattutto eletto deputato per due legislature e componente della Commissione lavori pubblici.

E in effetti l’affare andò in porto: “Il sindaco Passanante aveva proposto di cedere la società. La Campobello Park venne venduta con l’intermediazione di Nino Geraci ad un certo Calcedonio Di Giovanni. Era il residence Kartibubbo”. Geraci ricevette 20 milioni di lire a titolo di commissione che spese per comprare una villetta in contrada Ciammartita a Trappeto. E qui si apre un nuovo fronte investigativo. La villa divenne luogo di summit. Palazzolo dice di avervi incontrato “Brusca, Bagarella, Riina, Agate e molti altri mafiosi trapanesi”.


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