Imprese siciliane al collasso | Ance: a breve migliaia di fallimenti - Live Sicilia

Imprese siciliane al collasso | Ance: a breve migliaia di fallimenti

Confindustria, confartigianato e Ance sono sul piede di guerra. E gli artigiani stanno preparando una class action contro la Regione. Ma l'assessore Armao assicura: "Il negoziato sul Patto di stabilità con il Governo è in dirittura d'arrivo".

SOTTO ACCUSA IL BLOCCO DEI PAGAMENTI
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PALERMO – Confindustria, Ance, Confartigianato. Il mondo imprenditoriale siciliano è sul piede di guerra. Guerra che ha l’amaro gusto dell’extrema ratio. A esacerbare gli animi, il blocco dei pagamenti annunciato dalla Regione che ha deciso di rinviare a gennaio 2013 le somme attese dai fornitori. Un blocco destinato a soffocare il già boccheggiante sistema economico. “I crediti vantati dalle imprese edili – aveva denunciato appena qualche giorno fa il presidente di Ance Sicilia, Salvo Ferlito (nella foto) – superano ormai 1,5 miliardi di euro. Non riusciamo più a mantenere i livelli occupazionali di quelle aziende che hanno lavori in corso d’opera o consegnati, ma non vengono pagate. Dal 2008 al primo semestre 2012 il settore ha perso qualcosa come 46.300 occupati (che corrispondono a -30% in termini percentuali) e circa 30.000 nell’indotto, ed ha registrato il fallimento, nello stesso periodo, di 475 imprese”. Oggi il nuovo allarme: a breve falliranno centinaia di imprese edili e saranno licenziati migliaia di dipendenti se il governo regionale non riuscirà ad ottenere in tempi celeri da quello nazionale l’esenzione dei fondi Fas dal Patto di stabilità, al fine di sboccare i pagamenti per opere eseguite che, altrimenti, saranno postergati al prossimo anno. “Non siamo più in condizione di pagare stipendi, fornitori e adempimenti fiscali – dice Ferlito – e nel frattempo sulla vicenda è calato un preoccupante black-out di informazioni. Sappiamo che l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, si trova da ieri a Roma per tentare di ottenere qualcosa dal governo centrale. Ma il fatto che non si riesca a sapere nulla di questi incontri è inquietante. Non comunicare difficoltà o eventuali dinieghi ci impedisce di intervenire e serve solo a rinviare un esito negativo che vorremmo evitare ad ogni costo”.

“Le imprese non possono essere stritolate dalla morsa dei crediti vantati nei confronti della Regione e degli enti locali – dice il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante –, occorre mettere in atto concreti strumenti ed azioni per consentire alle aziende private che forniscono beni e servizi alla P.A. di pagare correntemente le retribuzioni ai propri dipendenti. Il problema investe molti settori, ma in particolare quello che sta pagando il prezzo maggiore è il settore edile che non riesce a riscuotere la massa di crediti che vanta nei confronti delle più svariate amministrazioni pubbliche per lavori realizzati o in corso d’opera che stanno letteralmente mettendo in ginocchio un intero comparto. Ed a mio avviso se non facciamo ripartire il settore edile che muove un insieme di altri comparti, cemento e manufatti, impiantistica, marmo e piastrelle, acciaio, trasporti, macchine operatrici, sarà difficile far ripartire l’economia”.

“Capisco – aggiunge Ferlito – che ci avviamo ad una campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea regionale e che abbiamo un Governo regionale che fino al 28 ottobre si occuperà solo dell’ordinaria amministrazione. Certamente però le imprese non potranno attendere il 2013 per sapere quando potranno riscuotere i loro crediti, mentre in Europa le imprese vengono pagate a 60 giorni. Nel frattempo le nostre imprese dovranno pagare i propri dipendenti, pagare i contributi previdenziali, pagare le imposte e magari ricevere una cartella esattoriale per avere ritardato di qualche settimana un’imposta o qualche tassa e riscuotere i loro crediti dopo 400 giorni, se non di più come in alcuni casi che ci sono stati segnalati”.

Denuncia che fa il paio con quella di Confartigianato, 15 mila imprese associate, che pensa a una class action contro la Regione. “Qualche mese fa – afferma il presidente regionale degli artigiani, Filippo Ribisi – Ivan Lo Bello ha lanciato l’allarme di un possibile crac della Regione siciliana. E la politica ha subito gridato allo scandalo. Ma se un’impresa non paga tutti i propri fornitori come viene considerata? Non è forse in prossimità di un fallimento? Tutte le imprese sanno che l’amministrazione è tra i peggiori debitori. Tra l’altro non mi risulta che la Regione normalmente paghi le imprese il primo mese dell’anno; problemi burocratici fanno sì che questi tempi vengano puntualmente ritardati. Per questo abbiamo deciso di preparare un class action per far valere le ragioni dei nostri associati”.

“La politica non pensi solo alla campagna elettorale e a garantirsi i bacini di consensi clientelari e assistenziali – conclude Ferlito – , ci dia subito risposte. Se entro pochi giorni non sapremo quando la Regione sarà in grado di sbloccare i nostri crediti, chiederemo ai sindacati di scendere in campo con noi per chiedere con urgenza un incontro diretto col premier Mario Monti e col ministro dell’Economia Vittorio Grilli, ai quali vogliamo spiegare le disastrose conseguenze sociali che avrebbe il caparbio mantenimento di principi ragionieristici. Conseguenze ben più gravi e devastanti, per dimensioni e per impatto sociale e sull’ordine pubblico, che avrebbero le vertenze Alcoa, Sulcis, Ilva e Gesip messe insieme e per le quali, invece, la politica e il governo nazionale sono tanto impegnati”.

“Il negoziato sul Patto di stabilità con il Governo è in dirittura d’arrivo e l’intesa sulla piattaforma proposta dalla Regione ha trovato la condivisione della Ragioneria generale, sicché ormai si attende solo la firma del Ministro che dovrebbe giungere tra domani e dopodomani”, dice l’assessore regionale all’economia della Sicilia, Gaetano Armao. “Abbiamo ottenuto il riconoscimento di ulteriori spazi finanziari (circa 600 milioni per pagamenti e 300 milioni per impegni, era il target che ci eravamo dati quale obiettivo ottimale) in esenzione rispetto ai rigidi tetti fissati dal Patto – spiega Armao in una lunga lettera inviata a Ferlito –. Una volta intervenuta la sottoscrizione ministeriale potremo procedere ad allocare tali nuovi spazi finanziari tra le amministrazioni e, sono certo, che le imprese riceveranno la necessaria attenzione”.

Nella missiva l’assessore ricorda come “per la sola Sicilia, in aggiunta alle previsioni delle precedenti manovre, col decreto sulla revisione della spesa nel triennio 2012-14, il Patto di stabilità pesa per oltre 1,3 md nel 2012 (limitando complessivamente per l’anno in corso a 5,2 md i pagamenti, soltanto lo scorso anno ammontanti a 6,7 md – con un sacrificio di risorse a disposizione del sistema economico regionale – ed a 6,5 md gli impegni, su un bilancio da quasi 27 md), per oltre 1,7 md nel 2013 e per oltre 1,8 md nel 2014”. Per Armao, è “evidente che con questi saldi di patto di stabilità nel triennio non solo diviene assai improbabile effettuare rilevanti investimenti ed interventi di sostegno alle imprese, ma addirittura diviene paradossale la pur appropriata richiesta alla Sicilia, come alle altre Regioni del Mezzogiorno, di un impegno all’accelerazione del cofinanziamento della spesa comunitaria, per incrementare l’impiego dei fondi europei, mentre i vincoli del patto di stabilita si restringono progressivamente”.

“Ci sono bandi pronti per misure di investimento con fondi europei – conclude Armao – che non possono essere pubblicati poiché abbiamo già esaurito l’esiguo spazio di cofinanziamento in esenzione del patto di stabilità (solo 213 milioni, necessiteremmo almeno il doppio). Occorre introdurre, senza più rinvii meccanismi di esclusione di tipologie di spesa dai vincoli del patto di stabilita’ (a partire da quelle per investimenti, a quelle per i trasporti ed a quelle per interventi sociali) che consentano di risanare senza condurre all’asfissia l’economia locale e spingere le imprese creditrici della pubblica amministrazione al fallimento. Senza queste misure di riequilibrio non solo si paralizza la spesa per investimenti e si rende impossibile il risanamento, ma si conduce la società siciliana verso un più grave sottosviluppo”.


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