Arrivano notizie sempre più cattive da Palazzo delle Aquile. L’incontro tenutosi nel pomeriggio di ieri a piazza Pretoria fra il commissario Latella e i sindacati, infatti, è servito solo a certificare una situazione di vera e propria emergenza. Argomento all’ordine del giorno non erano le partecipate, bensì il bilancio della quinta città d’Italia che adesso rischia seriamente il dissesto.
L’ex prefetto è stato chiaro: mancano all’appello 118 milioni di euro, di cui 94 di minori entrate (a causa dei tagli nazionali e regionali) e 24 di maggiori uscite, tra cui aumento dell’iva, iva sui debiti fuori bilancio e servizi obbligatori per legge a cui il comune non si può sottrarre. Cifra che potrebbe essere recuperata mediante il raddoppio dell’Irpef e l’introduzione dell’Imu, ma che basterebbe solo a far quadrare i conti del comune, non certo quelli delle società partecipate. Per le aziende, infatti, serviranno altri cento milioni, che al momento non ci sono, di cui 71 per la Gesip, otto per l’Amia e 20 per l’Amat.
Ma intanto bisogna recuperare i primi 118 milioni necessari per evitare il dissesto che comporterebbe gravissime conseguenze: tasse al massimo per cinque anni, mobilità per i dipendenti in eccesso, congelamento dei crediti vantati dai fornitori, divieto di indebitamento. Per farlo, però, servirà un passaggio in consiglio comunale (il commissario dovrebbe presentare la manovra in una decina di giorni) e qui vengono i dolori. Gli inquilini di Sala delle Lapidi non esultano di gioia all’idea di una stangata alla vigilia di una difficile competizione elettorale. Il governo Monti ha prorogato al 30 giugno il termine entro cui approvare il bilancio di previsione, e quindi Sala delle Lapidi potrebbe passare la patata bollente al prossimo consiglio. Ma in questo caso il problema sarebbe un altro: senza un apposito capitolo di spesa, anche se da Roma arrivassero fondi per la Gesip, non li si potrebbe usare. Quindi non fare il bilancio significherebbe condannare la società al collasso. L’unica alternativa, a quel punto, sarebbero le dimissioni.
Ma torniamo alle società partecipate. Ammesso che si trovino i 100 milioni, impresa comunque ardua, ci sarebbe poi il capitolo debiti. Le aziende, infatti, hanno debiti verso terzi per quasi mezzo miliardo e, dal momento che il proprietario unico è il comune, bisognerebbe appianarli prima di poter privatizzare o vendere il 40% delle azioni, così come la legge impone di fare entro fine anno per i servizi pubblici locali.
Nel consuntivo, secondo alcuni rumors, non ci sarebbe nulla da prendere. L’unico fondo a disposizione sarebbero 9,5 milioni per i servizi essenziali, come quelli cimiteriali, da prelevare dai 118. In questo caso, almeno una parte, la si potrebbe usare per una mini-proroga di un mese alla Gesip che però non risolverebbe il problema. “Siamo molto angosciati per l’annunciato aumento delle tasse – commenta Maurizio Calà della Cgil – comprendiamo che non possiamo andare al dissesto ma che debba pagare solo chi ha sempre pagato è una cosa che non ci convince e ci sconvolge”.
Intanto, all’Amia è stato nominato il nuovo liquidatore: si tratta di Baldassarre Quartararo, commercialista vicino ad Alberto Stagno D’Alcontres che prende il posto di Gaetano Lo Cicero. Quartararo avrà il compito, adesso, di verificare la possibilità di un concordato preventivo con i creditori che permetterebbe di azzerare i debiti che oggi ammontano a circa cento milioni fra fornitori, liquidazioni e Agenzia delle entrate.
La Gesip, invece, il liquidatore ancora non ce l’ha. L’assemblea che ieri avrebbe dovuto scegliere il successore di Massimo Primavera è andata deserta e la Latella non è riuscita a trovare un sostituto, né fra i dirigenti del comune né fra quelli interni alla società. Nessuno vuole sedere su una poltrona che scotta ogni giorno di più. Adesso Primavera o il presidente del collegio dei sindaci si rivolgerà al tribunale, che ne nominerà uno d’ufficio che, svincolato dalla politica, potrebbe non essere così paziente e procedere subito alla liquidazione della società.