PALERMO – Quando Salvatore Caltagirone subentrò a Pippo Scalia facendo il suo ingresso a Sala d’Ercole, la XII legislatura dell’Ars si preparava a chiudere i battenti. Era infatti il 12 aprile del 2001, la legislatura si chiuse il primo giugno dello stesso anno, cinquanta giorni dopo. Cinquanta giorni che furono sufficienti al parlamentare regionale di Alleanza nazionale a maturare (versando la differenza dei contributi per i 5 anni) il diritto all’assegno vitalizio da tremila euro lordi mensili. Nell’Italia delle regole previdenziali sempre più stringenti, maturare una pensione – o qualcosa che tanto le somiglia come il vitalizio dei parlamentari – con due mesi scarsi di lavoro è in effetti impresa da record.
Nell’elenco dei beneficiari dei vitalizi dell’Assemblea regionale, che Livesicilia ha pubblicato in esclusiva il 21 gennaio scorso e che da questa settimana si può consultare (ma senza i singoli importi) sul sito dell’Ars, c’è anche il nome di Caltagirone. Ufficialmente il politico dell’Agrigentino fu deputato per quattro mesi, visto che i parlamentari restano formalmente in carica fino all’insediamento della legislatura successiva, spiegano gli uffici dell’Ars.
Il suo non è l’unico caso di ex deputato beneficiario di vitalizio ad aver trascorso a Palazzo dei Normanni un periodo di tempo alquanto ridotto. Nell’elenco, infatti, figurano, come già scrivemmo il 21 gennaio, diversi ex deputati che hanno trascorso a Sala d’Ercole solo una parte di legislatura. Come ad esempio il socialdemocratico Biagio Cantone e il democristiano Antonio Carullo nella XI (la legislatura cominciò nel ’91, loro arrivarono all’Ars nel ’94, racconta il sito dell’Ars), il comunista Giuseppe Giannone nella VI (che durò dal ’67 al ’71, lui subentrò nel settembre ’69) e altri. Come Michele Accardo, che subentrò al dimissionario Titti Bufardeci nelle file di Forza Italia ad aprile del 2000, poco più di un anno prima della fine della legislatura. Tutti percepiscono un vitalizio da 3.108 euro lordi mensili, la somma che spetta per una legislatura. Il tutto, ovviamente, nel pieno rispetto delle norme dei tempi.
Per avere diritto al vitalizio, i deputati dovevano versare comunque i contributi per l’intera legislatura, anche se avevano trascorso a Sala d’Ercole solo una parte di essa. Solo a partire dalla XIII legislatura (2001-2006), spiegano gli uffici dell’Assemblea, la regola prevede che per maturare il diritto all’assegno è necessario aver trascorso a Palazzo dei Normanni almeno due anni, sei mesi e un giorno (sempre versando la differenza dei contributi a copertura dei cinque anni). Tutti i casi sopra citati riguardano infatti gli anni antecedenti al 2001.
I vitalizi sono stati aboliti a partire dal primo gennaio del 2012 e sostituiti con una pensione che si calcola con il sistema contributivo. Sono fatti salvi di diritti acquisiti (inclusi quelli dei deputati che ancora non incassano l’assegno ma hanno maturato il diritto al 31 dicembre 2011). Il costo annuo per l’Ars dei vitalizi – inclusi i 114 assegni di reversibilità a vedove e figli di onorevoli – supera i diciotto milioni di euro. Gli assegni sono cumulabili con altri vitalizi e altri trattamenti pensionistici. Non si può invece cumularlo – ma questo solo dalla scorsa legislatura – con l’indennità di parlamentare. Una ventina sono gli ex deputati col doppio vitalizio (dell’Ars e di Camera o Senato). Tra loro anche nomi illustri come l’ex ministro Calogero Mannino, l’ex segretario della Cisl Sergio D’Antoni, Emanuele Macaluso e gli ex presidenti dell’Ars Nicola Cristaldi e Guido Lo Porto.