In Sicilia il fotovoltaico | è arrivato alla frutta - Live Sicilia

In Sicilia il fotovoltaico | è arrivato alla frutta

Nasce il Progetto Sagro, il Fotovoltaico di III° generazione interamente Made in Sicily. Uno studio, nato dalla collaborazione fra Università di Catania e il CNR di Messina, finalizzato alla produzione di celle solari realizzate con pigmenti naturali, ricavati dagli scarti delle arance rosse e dai fichi d’india.

Nuove sperimentazioni
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CATANIA – Nessuno scherzo: l’energia elettrica adesso viene anche dalla frutta. Si tratta del rivoluzionario Progetto Sagro, ovvero il concept innovativo sul fotovoltaico interamente riciclabile e ad impatto sostenibile. Un nuovo scenario nel campo delle rinnovabili, frutto di una ricerca orgogliosamente siciliana e indirizzato alla produzione di celle solari a colorante naturale: le Dye Sensitized Solar Cell, ovvero celle elettrochimiche alternative a quelle solitamente utilizzate nella tradizionale tecnologia del fotovoltaico a silicio. Sarebbe la prima filiera di fotovoltaico interamente siciliana, un particolare certamente non da poco, perché contribuirebbe significativamente ad aumentare le opportunità di rilancio territoriale.

E a rendere diversi e colorati questi dispositivi è proprio la presenza della “frutta”. Nello specifico, le nuove celle, grazie all’utilizzo di pigmenti organici a base di antocianina o betalaine (ricavati dai vegetali, come arance, fichi d’india e rape) che fungono da attivatori, sono rese fotosensibili, e dunque in grado di assorbire le radiazioni solari e convertire quest’ultime in energia elettrica. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione della Facoltà di Agraria di Catania (Dipartimento di Orto Floro Arboricoltura e Tecnologie Agroalimentari), il CNR (Dipartimento Energia e Trasporti di Messina) e le seguenti aziende siciliane: JO Consulting, Ortogel e ANMR. Coordinatore generale del progetto è un’azienda di Ravenna, la TRE-Tozzi Renewable Energy con sede operativa a Enna.

I materiali usati per le celle, oltre ai pigmenti naturali, sono vetro o plastica e ossido di titanio per la purificazione delle particelle inquinanti, dunque, tutto rigorosamente riciclabile. Una caratteristica, quella della sostenibilità, che contraddistingue il progetto, così come ci tiene a sottolineare Alessandra Gentile, prorettore dell’Università di Catania e professore ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree. “Noi – ha spiegato a LiveSiciliaCatania, Alessandra Gentile – abbiamo messo a disposizione dei colleghi del CNR tutte le nostre competenze di agronomi. L’obiettivo è quello di produrre dei dispositivi che abbiano dei costi ridotti unitamente ad un impatto ambientale decisamente inferiore rispetto a quelli derivanti dalla tecnologia dei pannelli a silicio, i cui processi – precisa – di estrazione e purificazione di quest’ultimo, sono particolarmente onerosi”.

Dalla ricerca risulta che tendenzialmente tutto ciò che è rosso tra i vegetali si presta particolarmente per i processi di conversione dell’energia. “L’interdisciplinarità del progetto – aggiunge la professoressa – aveva proprio lo scopo di verificare se tra i prodotti dell’agroalimentare siciliano ce ne fosse uno che si prestasse meglio come conduttore: le arance rosse, sicuramente, si prestano molto bene, così come le betalaine presenti nei fichi d’india o comunque tutto di ciò che è naturalmente rosso. Continueremo a lavorare – dice – per rendere sempre più efficiente il processo di conversione, migliorando i processi di purificazione dei pigmenti, perché più puro è il pigmento maggiore sarà la sua conducibilità e dunque la sua stabilità nel tempo”.

Un sistema, tuttavia, che non manca di qualche neo potenzialmente discriminante, per esempio la durata dei pigmenti ( esigua rispetto agli standard richiesti) e soprattutto la resa, decisamente inferiore rispetto alla tradizionale tecnologia. Un fattore, quest’ultimo, che potrebbe non poco compromettere le prospettive di sviluppo del progetto “se non si mettesse però – prosegue il prorettore – a confronto con un grande vantaggio in termini di costi, di riciclo ed in termini di sostenibilità di questi fotovoltaici di terza generazione. Potrebbero benissimo essere applicati per i tablet, portatili, cellullari e computer. Sicuramente concentrare il succo di arancia per attivare queste celle comporta dei costi più economici, anche perché – conclude Gentile – c’è una grande disponibilità in natura della fonte”.

L’idea di individuare degli conduttori naturali che fossero dei “ sostitutivi“del silicio, era stata già pensata circa un decennio fa dal Consiglio Nazionale di Ricerca di Messina. Gaetano Di Marco, ricercatore e responsabile all’Istituto IPCF (Istituto Processi Chimico Fisici) del CNR messinese ci spiega più nel dettaglio il processo foto-elettrochimico innescato dalla radiazione solare quando viene assorbita dai pigmenti naturali presenti nell’elettrodo negativo (fotoanodo) delle celle solari sensibilizzate con coloranti o Dye Sensitized Solar Cell (DSSC).

“Quando – spiega Di Marco a LiveSiciliaCatania – la radiazione solare viene captata e assorbita da questi coloranti si innescano dei processi di trasferimento elettronico tra i vari componenti del dispositivo; da un punto di vista chimico fisico gli elettroni compiono lavoro elettrico spostandosi dal fotoanodo verso il contro-elettrodo di segno positivo (catodo). E attraverso questo processo – continua – sostanzialmente, si trasforma l’energia solare in elettrica. L’input, dunque, per produrre energia è dato dal sole, una fonte di energia ecosostenibile e gratuita. Per consentire poi la chiusura del circuito elettrico instauratosi, viene utilizzata anche una soluzione a base di tintura di iodio che restituisce l’elettrone al colorante che l’aveva ceduto durante lo scambio, rimettendolo di nuovo in circolo. Si tratta di sistemi fotoelettrochimici – specifica Di Marco – che sfruttano meccanismi completamente differenti da quelli presenti nelle celle fotovoltaiche convenzionali al silicio.”

Le rivoluzionarie DSSC esistono ancora come prototipi, ma la sperimentazione si avvia nella fase conclusiva. “Il sistema – sottolinea Di Marco – è ancora in fase di sperimentazione, ma attraverso il nostro lavoro di ricerca stiamo cercando di comprendere e studiare a fondo molti aspetti scientifici e tecnici che ci dovrebbero permettere di mettere a punto specifiche applicazioni. Nell’equipe insieme a me – conclude il ricercatore – figura anche il dottor Giuseppe Calogero, con cui cerchiamo di sviluppare questi dispositivi, puntando a renderli sempre più efficienti nel rispetto anche dell’ ambiente”.

 

 

 


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