ROMA- E’ “inaccettabile” che Bernardo Provenzano, “ormai ridotto ad uno stato quasi vegetativo”, sia ancora al 41 bis. A sostenerlo è l’Unione delle Camere penali, che sollecita l’intervento “immediato” dei magistrati competenti, del Dap, e del Ministro della Giustizia, “se veramente si vuole dimostrare di aver voltato pagina rispetto ai diritti dei detenuti, specialmente quelli in condizioni di salute estreme: senza distinzioni, senza discriminazioni, senza privilegi”.
“Non lo impone solo il senso di umanità, o il rispetto delle Convenzioni e della Costituzione, ma anche e soprattutto il fatto che lo Stato deve dimostrare che è proprio il rispetto della legalità a renderlo più forte della criminalità”, afferma l’Ucpi, che sottolinea “l’evidente contraddizione fra il riconoscimento, da un lato, del grave stato di salute di Bernardo Provenzano, che non gli consente di partecipare validamente al processo sulla trattativa Stato-Mafia, e, dall’altro, il mantenimento in stato di detenzione, per di più in un regime inumano”. I penalisti evidenziano il silenzio sul caso, anche da parte di “coloro che, d’abitudine, si indignano per le violazioni dei diritti umani”. E sottolineano: “se un’Autorità Giudiziaria ha accertato l’irreversibile processo degenerativo fisico e psichico di un uomo, al punto da rendere impossibile la sua partecipazione ad un processo ciò significa evidentemente che egli è incompatibile con ogni forma di detenzione, figurarsi il regime del ‘carcere duro’. Un regime che mira a condizionare il comportamento processuale dei detenuti e di cui i penalisti sono tra i pochi a denunciare la vera natura di ‘tortura legalizzata’, sempre ingiusto anche nei confronti di persone in buone condizioni ma che svela la propria intollerabile natura vessatoria rispetto a chi non è più in possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali”.
(Fonte ANSA)