Nichi Vendola incassa la fiducia della sua maggioranza sulla bufera scaturita delle intercettazioni con l’ex pr dell’Ilva Girolamo Archinà. Il leader di Sel spiega: ”Telefonata fatta per difendere posti lavoro. Mi vergogno di aver riso del giornalista e chiedo scusa”. Il cronista: ”Accetto con riserva, scuse piu’ belle le faccia alla citta’, sostenga la sanita”.
Nel colloquio del luglio 2010, intercettato dalla procura di Taranto, il governatore ride sonoramente e si complimenta con Archinà per lo ”scatto felino” con cui ha strappato il microfono al cronista Luigi Abbate che aveva chiesto al patron dell’Ilva, Emilio Riva, dei morti di tumore a Taranto. A quel cronista Vendola oggi manda a dire via Twitter che ”l’unica cosa di cui mi vergogno davvero è di aver riso in quel modo di un giornalista che faceva il suo mestiere, e a cui chiedo scusa”.
“L’unica cosa di cui mi vergogno davvero è di aver riso in quel modo di un giornalista che faceva il suo mestiere, e a cui chiedo scusa”, dice Vendola. L’impressione che si ha, mentre lo stomaco si aggroviglia a sentire le sue irritabili risate, è invece di aver a che fare con un fantozziano intento a compiacere il suo potente interlocutore. Quelle risate intinte nel cinismo, oltre a celebrare l’impudenza di che ha impedito ad un giornalista di fare il suo lavoro, forse nell’intenzione del Governatore avrebbero anche dovuto servire a rendere meno penosa la sua deferenza illimitata. Senza riuscirci però. Perché, ad un certo punto, quell’inginocchiamento è stato motivo di evidente imbarazzo per lo stesso “ambasciatore” dell’Ilva.