"Io, insegnante di periferia, | chiedo al ministro Tremonti..." - Live Sicilia

“Io, insegnante di periferia, | chiedo al ministro Tremonti…”

“La Costituzione riconosce alla scuola pubblica, statale, italiana il compito di formare e istruire gli tutti gli italiani, nessuno escluso” ha ricordato Mila Spicola al ministro Giulio Tremonti, in una lettera. “E‘ una scuola di periferia, se non li aiuto io chi li aiuta?”, chiede ancora al ministro, perchè lei, responsabile scuola Pd a Palermo fino allo scorso luglio, è, innanzitutto, un’insegnante, che vive la quotidiana odissea di una scuola media di periferia. E scrive, denuncia dati alla mano, rivolgendosi a Tremonti, Bersani, alla società civile. “La Scuola s’è rotta”, titola il suo ultimo libro, dove questi scritti in forma di lettere, ha potuto metterli insieme. Un ritratto della disastrosa condizione dell’istruzione in Sicilia, dove “chi è povero è destinato a rimanere tale”.

“La scuola si è rotta” titola il suo ultimo libro, professoressa Spicola. E’ indicativo.
“Il libro nasce da una serie di scritti in forma di lettere con cui ho cominciato a inondare chiunque. Altre invece sono scritte ex novo e riguardano delle “microstorie” scolastiche: ho scritto al primo e all’ultimo della classe, sulle periferie palermitane, sull’educazione. Un affresco della scuola di oggi, di Palermo e della mia intera generazione, in bilico tra disaffezione, rassegnazione e rabbia”.

E la sua scuola, come sta?
“La scuola dove insegno (Media S. Quasimodo) aveva la muffa nei tetti e i riscaldamenti spesso non funzionano. In alcune aule ci pioveva dentro. Qualcuno, ogni tanto, distrugge i vetri e i ragazzi si ritrovano a vagare per i corridoi, trasportandosi dietro le sedie, quando le hanno, divisi in altre classi, seduti ammassati, con i loro giubbottini. E per loro è la normalità. Abbiamo lottato per tre anni solo per farcela rimettere in sesto: per darle una parvenza di Scuola, con quella “S” maiuscola che merita”.

La scuola media Quasimodo è in affitto giusto?
“Per la mia scuola il Comune spende all’anno circa 200 mila euro. E’ una delle 88 scuole in affitto, sulle 281 di competenza del Comune. In Sicilia sono centinaia di migliaia di euro spesi ogni anno per gli affitti degli edifici destinati a scuole. Soldi tolti alle spese destinate all’istruzione dei nostri ragazzi. Non si capisce per quale motivo. Perchè non costruirli, i nuovi edifici scolastici? Molti dei quali già progettati e mai realizzati? Non sarebbe più logico pagare un mutuo per costruirla una scuola piuttosto che un affitto? In genere la manutenzione ordinaria dovrebbe essere in capo ai proprietari degli immobili: spesso latitano. E inizia un balletto di rimbalzo delle responsabilità da Comuni, Enti locali e proprietari per sollecitare gli interventi. Con questa macchina amministrativa passano anni prima di vedere un muratore. Pagano i cittadini per il mal servizio, ma pagano i nostri ragazzi che trascorrono le loro giornate là dentro”.

Crede che ci sia un interesse a mantenere questa situazione?
Non vedo altre risposte. Quello che viene da pensare è che ci siano degli interessi privati. Qualche tempo fa venne emesso un bando per recuperare edifici scolastici adeguati. Vennero pure trovati, però non sono stati mai assegnati: qualcuno sa dirmi perché? C’è qualcosa che si inceppa nei passaggi della macchina amministrativa. Non è possibile stare tre anni a mandare fax di solleciti per una scuola che è stata sistemata solo questo settembre. Nel caso degli affitti ci sono troppi soldi in gioco, è logico pensarlo, ma poi ad andarci di mezzo sono studenti e insegnanti”.

La situazione delle altre scuole che non sono in affitto invece qual è?
“Due terzi delle scuole in Sicilia non sono a norma. Il punto è che il problema è proprio a livello regionale. Non c’è una programmazione a lungo periodo. Non esiste un solo atto in Sicilia che ponga dei vincoli precisi: ad esempio di spesa nei bilanci comunali. Le scuole non vedono una lira. E le responsabilità in quel caso sono soprattutto degli enti locali: Comune, Provincia e Regione. Sono anni di superficialità, di malgoverno, di menefreghismo. Quest’anno l’ufficio dell’edilizia scolasica di Palermo aveva chiesto sette milioni per mettere a norma le scuole palermitane. Di fronte a questa richiesta la giunta Cammarata ha stanziato la bellissima somma di zero euro”.

Ma dovrebbero arrivare 450 mila euro. Lo ha detto il sindaco.
“Dovrebbero arrivare da dove? Non sono soldi impegati dal bilancio comunale ma i rimasugli dei fondi CIPE di provenienza nazionale e che dovevano avere ben altra entità. La verità è una: il Comune di Palermo per le sue scuole non stanzia nessuna cifra. Se lo facesse veramente ballerei per tutta la circonvallazione. Gli impiegati dell’edilizia scolastica non sanno mai cosa risponderti. La mia scuola ha un proprietario contro cui puoi rivalerti se non interviene. Per le scuole di proprietà comunale invece i soldi non ci sono e basta. E non ci sono per le manutenzioni. Quando nella mia scuola doveva essere riparato un portoncino, i dipendenti del Coime, le maestranze che effettuano i lavori nelle scuole, hanno chiesto a noi il cemento”.

Poi arrivano anche i tagli della Gelmini. E cosa succede?
“Il disastro è completo. Il ministero si occupa della gestione delle risorse. E ha tagliato 8 miliardi. Hanno tagliato ore di insegnamento in ogni ordine di scuola e ha aumentato il numero dei ragazzi nelle classi. Ci sono meno insegnanti e più allievi. Le aule si sono affollate oltre i limiti previsti dalle leggi sulla sicurezza nei luoghi pubblici. Il problema dunque è intanto della violazione delle norme, ma subito dopo didattico. Con una classe di quaranta ragazzi, se un collega si assenta e non ci sono supplenze, come faccio a fare lezione con altri dieci alunni in più? Tagliato anche il 30 per cento del personale ata e amministrativo. Poi i problemi si addensano calandoci nel particolare, distinguendo tra scuola primaria, media e superiore”.

Risultato?
“I nostri ragazzi non possono competere a livello nazionale o internazionale. Un ragazzino siciliano, lo dice un rapporto della fondazione Agnelli, e non una denuncia di “pericolosi comunisti”, che esce dalla scuola media ha studiato due anni in meno rispetto al coetaneo al nord, dove l’85 per cento delle scuole fa anche il tempo pieno. Qui l’uno per cento. Più della metà delle famiglie siciliane sono povere. E dove c’è povertà c’è dispersione scolastica. Raggiungiamo punte pari al 22 per cento. In un tessuto sociale come il nostro avremmo bisogno di ben altre attenzioni, i ragazzi vanno ancora di più accompagnati e motivati allo studio. Se li faccio studiare in un magazzino senza infissi, come faccio a dirgli che la scuola è un diritto alto? Come faccio a trasferire il valore dello studio e del sapere, il senso dello Stato, se lo Stato per primo non riconosce i diritti di un ragazzo? Finanziano progetti sulla legalità ma poi non ho neanche la carta igienica: la legalità prima che insegnarla la si pratica e di fronte ai ragazzi nessuno è in grado di mentire. Perché scovano sempre la verità. La verità è che chi è povero è condannato a rimanere tale. Oggi, come cento anni fa: perché oggi, come cento anni fa, la scuola non è più un diritto equamente garantito a tutti e allo stesso modo. Non è più quel meraviglioso ascensore sociale che prefigurava la nostra Costituzione”.


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