PALERMO – Una manciata di minuti prima di mezzogiorno l’assessore Nelli Scilabra arriva in via Cardinale Rampolla in compagnia dei suoi più stretti collaboratori. Entrano nella sede palermitana dell’ente di formazione Iraps. La parola ispezione non piace al giovane assessore. Preferisce chiamarla “visita”. La sostanza non cambia. Le conclusioni dell’assessore, un’ora dopo, saranno sconfortanti. Le riassumerà in una nota che contiene un interrogativo: “È questo quello per cui la Regione Siciliana investe ogni anno 286 milioni di euro?”
La Scilabra vuole vedere con i suoi occhi come funziona il sistema della formazione professionale in Sicilia che tanti grattacapi le sta dando. È arduo l’obiettivo di riformare un settore dove tra enti di indubbia professionalità si annida lo sperpero di denaro pubblico. “Non basta analizzare delibere e bandi, bisogna andare sul campo”, ripete dal giorno del suo insediamento il neo assessore. Detto, fatto. Un video racconta l’ispezione. Ne pubblichiamo soltanto alcuni minuti per tutelare la privacy dei presenti. Il resto ve lo raccontiamo noi.
All’Iraps, la cui sede si trova a Catania, per il 2013 sono stati finanziati circa 5 milioni di euro per l’organizzazione di 53 corsi. “Buon giorno, siamo venuti a farvi visita, per vedere come vi siete organizzati”, dice con garbo l’assessore. E inizia il suo giro. Nei locali di via cardinale Rampolla lavorano 26 persone per poco meno di 160 iscritti. La metà del personale è composto da amministrativi. I tutor sono pochi per stessa ammissione di chi vi lavora.
La prima classe “visitata” è quella dove si svolge il corso per estetista. L’aula è piena. È alle ragazze che siedono sui banchi che l’assessore si rivolge. La Scilabra è giovane quasi quanto loro. Un fattore che, evidentemente, accorcia le distanze. E viene fuori la prima anomalia. Una corsista si dice contenta della professoressa e delle lezioni. Peccato, però, aggiunge che non potrà fare pratica. Si aspettava di trovare un’aula piena di smalti e trucchi. Ed invece si deve accontentare solo di libri. Le aspiranti estetiste, infatti, seguiranno un corso soltanto teorico. Insomma, niente pratica. Circostanza che sorprende l’assessore e pure la prof dall’accento straniero che sta in classe. Ammette candidamente che non le era mai capitato di tenere lezioni senza sporcarsi le mani. Uno dei tutor, una donna, spiega che i laboratori non sono stati allestiti perché attendono di trasferirsi. Era inutile allestirli e poi smontarli. Magari si poteva perdere qualcosa. Tra lei e l’insegnate ci sono delle incomprensioni. La Scilabra fa notare che i soldi per comprare le attrezzature, però, li hanno presi.
Poi, si sposta in un altra aula in cui si parla di sicurezza sul lavoro. Non è piena e c’è un architetto che tiene una lezione di diritto. “Come mai?”, chiede l’assessore. Il docente risponde che sta sostituendo un collega assente. “E insegna una materia di cui non ha competenze?”. “L’ho già fatto in passato e poi sono un rappresentante sindacale”. Dunque, si ritiene competente in materia.
Tappa successiva, l’aula delle lezioni per educatore della prima infanzia. Una manciata di corsisti presenti. Non di più. Alla domanda “cosa state facendo?”, rispondono con il silenzio. Solo una di loro spiega che stanno parlando dei giochi da organizzare con i bambini. Poi, vedranno un film. Non per diletto. La pellicola è Patch Adams, un film che narra la storia di un medico che nei primi anni Settanta introdusse la risoterapia per vedere “oltre i pazienti”. Gli altri corsisti non hanno la faccia di chi è molto convinti. O almeno questa è l’impressione.
“Posso vedere quest’aula?”. “Certo”. E’ l’aula multimediale per il corso di informatica: ci sono ancora delle macchine impacchettate e sigillate. Segno, evidente, che non sarebbero state usate.
L’aula del corso per Operatore socio assistenziale non solo è piena, ma è la più partecipata. Molti iscritti sono avanti negli anni. Insomma, non sono più dei ragazzini. C’è pure una coppia, marito e moglie, che vede nel corso l’ultima occasione per sbarcare il lunario. È qui che la Scilabra raccoglie consensi. La invitano ad andare avanti, a fare in modo che l’attestato che riceveranno sia valido su tutto il territorio nazionale, a mettere ordine nel settore. Cercano lavoro. Ovunque sia. La valigia non fa paura. Parlano di un corso precedente svolto in un altro ente al termine del quale sono rimasti con in mano un pugno di mosche. Il titolare ha fatto davvero le valigie. Prima ancora di rilasciare il tanto agognato certificato di partecipazione.
Un’ora dopo la Scilabra saluta e si allontana. Il suo bilancio è sconfortante: “Dispiace vedere con i propri occhi che il denaro pubblico venga utilizzato, in alcuni casi, per finanziare progetti formativi di questo tipo, corsi di estetica senza alcuna formazione pratica, aule semi-deserte, architetti che si ritrovano ad insegnare diritto del lavoro, e tanto altro. Sento uno stato di profonda amarezza e di disapprovazione per un sistema, quello dell’Avviso 20, che ha prodotto e continua a produrre un livello mediocre di formazione”.
Le sue domande diventano le nostre: “E’ questo il modello che qualcuno vorrebbe ancora tenere in piedi e rifinanziare? E’ questo quello per cui la Regione Siciliana investe ogni anno 286 milioni di euro? Noi abbiamo in mente un modello diverso e siamo convinti che buona parte dei lavoratori della formazione professionale è della nostra stessa idea. Quella di oggi è stata la prima di una serie di visite che intendo fare, per conoscere in prima persona quale sia lo stato reale della formazione e dell’Istruzione siciliana. Andrò in giro per gli enti e per le scuole siciliane per incontrare i lavoratori e gli studenti. Sono sempre più convinta che questo sistema ha bisogno di una scossa profonda affinché il denaro dei cittadini sia utilizzato in modo trasparente e produttivo. Dobbiamo ridare dignità agli allievi e ai lavoratori di questo sistema”.