La Cgil scende in campo per il No| “La riforma penalizza i più deboli” - Live Sicilia

La Cgil scende in campo per il No| “La riforma penalizza i più deboli”

Stamattina la prima iniziativa catanese del sindacato sul referendum.

VERSO IL REFERENDUM
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Referendum: La Cgil di Catania scende in campo per il No. La kermesse si apre con uno sketch che simula una chiacchierata al bar sul referendum. Aldo Toscano e Mario Licciardello vestono i panni di due sostenitori di tesi opposte. Il No, neanche a dirlo, ha la meglio e gli argomenti del Sì sono smantellati tra le risate della sala. Si apre così la prima iniziativa della Cgil sul referendum del 4 dicembre. L’assemblea generale, che prevende anche gli interventi del pubblico, vede tra i protagonisti il segretario generale della Cgil etnea, Giacomo Rota, Pina Palella (segreteria provinciale Cgil), Mimma Argurio (segreteria Cgil Sicilia), il costituzionalista Giancarlo Antonio Ferro, il sindacalista Cgil Massimo Malerba e il segretario nazionale Danilo Barbi. Il primo intervento è affidato al segretario Rota che parla di una “bruttissima campagna referendaria”, giocata su una “contrapposizione offensiva” spesso priva di ragionamenti seri. Poi passa in rassegna l’iter “complesso” seguito dal sindacato prima di approdare a una pubblica presa di posizione per il No. Una scelta inevitabile (sebbene non ci saranno comitati del No della Cgil per garantire libertà di coscienza agli iscritti) davanti a un disegno complessivo messo in atto “da uno dei governi più ostili di sempre rispetto alle organizzazioni sindacali e ai corpi intermedi”. “Negli anni settanta quando è approvato lo Statuto dei lavoratori si diceva che la Costituzione entrava nelle fabbriche, se il governo che ha abolito l’articolo 18 manomette la Costituzione qualcosa vorrà pure dire”, attacca Rota.

Il sindacalista fa un parallelismo tra la riforma delle province e quella del Senato dicendo che la riduzione dei costi riguarda “pochi spiccioli” e il taglio vero riguarda “il diritto di voto dei cittadini”. Sul titolo V il sindacato teme non soltanto il disegno complessivo di centralizzazione, ma gli sviluppi concreti su ambiti come la sanità con riferimento ai livelli elementari di assistenza e di “lesione al diritto alla salute”.  “E’ una riforma che riduce gli spazi di democrazia, centralizza lo Stato, non risolve i problemi: il Senato resta in piedi, i costi della politica si potevano abbassare con leggi ordinarie”, dice Rota In una parola “una riforma raffazzonata passata a colpi di maggioranza”.

La posizione dello stato maggiore del sindacato è spiegata in modo efficace dal segretario Barbi. “Il giudizio che la Cgil dà su questa ipotesi di modifica costituzionale, com’è giusto chiamarlo e non come spesso fa il governo riforma delle costituzioni perché le costituzioni non si possono riformare essendo il patto di base di una comunità e di uno Stato democratico, è critico perché produce un pessimo equilibrio dei poteri”, argomenta Barbi. “In buona sostanza non abbiamo contrarietà ai titoli che propone: si può superare il bicameralismo ma introducendo dei contrappesi, si può superare l’equilibrio tra le regioni a statuto ordinario e lo Stato centrale ma lo devi fare diversamente”, spiega. “Si passa dalle attuali quindici materie concorrenti, in cui possono legiferare sia lo Stato che le regioni, a zero”, puntualizza. Per Barbi le modifiche proposte “trasferiscono poteri dal parlamento al governo e dalle regioni allo Stato, per questo mettono in difficoltà non tutti allo stesso modo, ma soprattutto le componenti più deboli della società (lavoratori, pensionati e precari) e sul piano territoriale aree del Mezzogiorno perché la concentrazione dei poteri sfavorisce chi ha bisogno di più rappresentatività e partecipazione per fare sentire la propria voce”, argomenta il sindacalista. In caso di vittoria del No nessuno scenario apocalittico si profilerà in termini di “stabilità”. Per Barbi, quello agitato da molti sostenitori del Sì, anche dalla Cisl (“che lancia dei segnali per il Sì, ma non ha preso una posizione formale) è un falso tema. “E’ un problema che ha prodotto il governo – sottolinea- mettendo un timbro inappropriato sulle ipotesi di modifica quindi il problema dell’instabilità è dovuto alle scelte fatte perché se fai una Costituzione e la rendi una cosa di governo ogni maggioranza farà lo stesso e questo sì è un disastro per un paese: è il massimo dell’instabilità e dell’incertezza”.

 

 

 


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