La guerra di Riscossione | E l'ira di Fiumefreddo - Live Sicilia

La guerra di Riscossione | E l’ira di Fiumefreddo

Bocciato il contributo da due milioni e mezzo per la società. L'avvocato catanese: “Deputati mascalzoni. A qualcuno ho pignorato l'indennità”. Consiglio di presidenza dell'Ars sulle “infamanti accuse” ai parlamentari. Crocetta: “Fatto gravissimo che danneggia i siciliani”. Adesso a rischio il futuro di centinaia di persone.

PALERMO – “Porto i libri in tribunale. All’Ars siedono mascalzoni e pirati”. Sono passati pochi minuti dalla bocciatura del contributo a Riscossione Sicilia, e le parole del presidente Antonio Fiumefreddo sono durissime. Ma le avvisaglie nella nuova tempesta che sarebbe presto piombata sul governo Crocetta erano tutte nel volto del governatore, tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, dopo il nuovo ko del suo esecutivo: “E’ un danno grave, gravissimo che danneggia i siciliani”, diceva pescando in qualche rivendicazione autonomistica: “Ma come, siamo l’unica Regione ad avere un gabelliere tutto nostro e ce lo facciamo soffiare così?”. L’azienda siciliana per la riscossione dei tributi è a un passo dal fallimento. E da ieri il destino di oltre settecento dipendenti è in bilico. Ingoiato da una guerra politica e, forse, anche personale.

Il governo Crocetta è caduto rovinosamente anche ieri, infatti. Il voto segreto ha, come spesso è accaduto in questa legislatura, fatto emergere gli scontenti della maggioranza che si sono trasformati in franchi tiratori: ben 36 i voti a favore dell’emendamento grillino che chiedeva la soppressione di un articolo del ddl sulle variazioni di bilancio: quello col quale venivano destinati, appunto, due milioni e mezzo a Riscossione Sicilia.

Un altro scivolone. Dolorosissimo stavolta, anche perché non erano ancora guariti i lividi dovuti alla caduta sul Dpef. Ma adesso c’è di più. Non c’è ingorgo che tenga, stavolta, nelle scuse del governo. Né difetti di comunicazione, né la distrazione per l’acquisto degli ultimi regali di Natale. La cosiddetta maggioranza in Aula c’era. Ma molti di quei deputati che la compongono hanno votato contro il governo. Come mai? Una spiegazione la offre lo stesso Fiumefreddo, con toni molto aspri.

“Non mi meraviglierei – dice – se tra i pirati, che si sono nascosti dietro il voto segreto, ci siano parte dei 61 parlamentari ai quali per la prima volta nella storia abbiamo notificato i pignoramenti delle loro laute indennità. Sbaglia chi pensa che così facendo mi si costringerà a trattare, mentre piuttosto ora come mai sono convinto che non si debba guardare in faccia nessuno quando si ha dalla propria la legge e si combatte per difendere i cittadini onesti. Non subisco estorsioni nè mi spaventano queste misere ritorsioni”. Una ritorsione, insomma. Che potrebbe avere presto strascichi non solo di fronte ai tribunali civili, dove potrebbero finire i libri contabili della società, ma anche innanzi alla Procura della Repubblica: “Convocherò il cda immediatamente – spiega infatti Fiumefreddo – e porterò i libri in tribunale, nel contempo chiedendo un incontro al procuratore della repubblica di Palermo. Siamo fuori dal recinto della politica e ci troviamo in ben altro ambiente. Solo la magistratura può salvarci dai mascalzoni travestiti da uomini delle istituzioni. Del resto parlerò con i magistrati”. Parole durissime, dicevamo, che hanno spinto il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, d’intesa con i due vice presidenti Antonio Venturino e Giuseppe Lupo, a convocare per oggi un Consiglio di presidenza urgente “per valutare le azioni da intraprendere in difesa del Parlamento siciliano a seguito delle gravi e infamanti dichiarazioni da parte del presidente di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo”. Alla riunione è stato invitato a partecipare l’avvocato Enrico Sanseverino. Si riparte dalle denunce, dalle accuse, dalle carte bollate, insomma. Ma il problema è ovviamente anche di altro tipo.

È innanzitutto quello legato al futuro di una società che dà lavoro, oggi, a 702 persone. Il cui destino, dopo il voto d’Aula di ieri, è quantomeno incerto. Se davvero, infatti, il cda deciderà di “dichiarare fallimento”, l’azienda partecipata dovrà essere posta in liquidazione. Sarà quel liquidatore a traghettare, eventualmente, i lavoratori verso Equitalia, la società che si occupa della riscossione nel resto d’Italia e che potrebbe agire anche in Sicilia attraverso una convenzione. Una ipotesi che non era così sgradita a pezzi del Pd, anche nazionale. A cominciare dal sottosegretario Davide Faraone al quale è assai vicino, come è noto, l’assessore all’Economia Baccei. Quest’ultimo aveva fatto riferimento a Equitalia durante la seduta d’Aula, ma solo per ipotizzare un coinvolgimento dell’azienda nazionale che si sarebbe tradotto nell’invio di alcuni dirigenti utili a colmare le carenze d’organico attuali di Riscossione. Ma l’ipotesi è al momento superata dai fatti. “Cosa si aspettava il governo – ha attaccato a Sala d’Ercole il deputato di Forza Italia Giuseppe Milazzo – dopo le frasi offensive di Fiumefreddo nei confronti di questa Assemblea?”.

“Il voto dell’Ars – ha replicato l’avvocato catanese – con cui si impedisce di fatto la ricapitalizzazione di Riscossione Sicilia, è un atto di pirateria non degno di un’aula parlamentare. Si vuole così eliminare l’unica partecipata che in questo 2015 ha fatto registrare un +23% delle entrate, si vuole colpire la società che per la prima volta ha perseguito i grandi evasori, sequestrando beni mobili ed immobili per milioni di euro, si vuole punire la società che ha firmato i protocolli con gli uffici giudiziari per perseguire i capitali illeciti e mafiosi”.

Come detto, però, oltre alle questioni legate strettamente a Riscossione, quella andata in scena ieri a Sala d’Ercole è solo l’ultima delle battute d’arresto di un governo ormai chiaramente senza una maggioranza solida. Nonostante rimpasti, accordi e nuovi acquisti. Un esecutivo andato sotto anche stavolta di fronte a una iniziativa del Movimento cinquestelle. “Questa – ha detto Giancarlo Cancelleri – è l’ennesima prova che questo esecutivo non ha più i numeri per governare. Dopo lo stop sul Dpef arriva questo, cui, ne siamo certi, ne seguiranno tantissimi altri prossimamente. Questo governo è ormai al capolinea. A tenerlo in vita è solo l’ostinata difesa delle poltrone”. “Continuare a finanziare Riscossione Sicilia – ha detto la deputata grillini Claudia La Rocca – è come versare acqua in un secchio bucato. Da tre anni – continua – in commissione bilancio sentiamo gli stessi discorsi, ma senza che si arrivi mai a una reale soluzione. Dall’assessore all’ultimo dei deputati invochiamo un piano industriale che non è mai arrivato”. Un fatto ribadito in Aula anche dal presidente di quella commissione, Vincenzo Vinciullo che ha chiesto l’approvazione del contributo ma ha anche preannunciato una “lettera di ammonimento” a Riscossione per i presunti ritardi nell’approvazione del Piano industriale. Un fatto smentito dallo stesso Fiumefreddo: “Il Piano esiste, è triennale ed è stato predisposto da chi mi ha preceduto, cioè l’avvocato Lucia Di Salvo, e approvato dalla stessa Regione dopo essere stato trasmesso in Commissione bilancio”. Ma adesso la questione si sposta sul futuro della società, sempre più in bilico: “Occorre adesso – ha detto Vinciullo – trovare soluzioni certe per evitare il licenziamento dei lavoratori e bisogna cominciare a discutere anche con Equitalia, perché un patrimonio così importante di uomini, di capacità e di competenze non può essere perduto”. Ma quelle persone da oggi hanno qualche certezza in meno. Tra accuse e cartelle esattoriali, tra presunti mascalzoni e moralizzatori. Stritolati nella guerra personale e politica di Riscossione Sicilia.


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