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La pandemia e la carica dei nonni

Il rischio del contagio provoca solitudine? Ecco che, pur costretti a rimanere a casa, i nonni hanno imparato a usare tablet e smartphone, e si sono iscritti ai social network
ROSAMARIA'S VERSION
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“La grammatica delle relazioni familiari è la via per trasmettere il linguaggio dell’amore” ha scritto Papa Francesco in un messaggio del 19 marzo, giornata nella quale si celebra San Giuseppe e la festa del papà. La pandemia ha messo a dura prova i legami familiari, per cui è servita tanta “buona volontà”: e i campioni del mondo di buona volontà sono i nonni.

Una ricerca del Centro Studi sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, che ha coinvolto 3000 soggetti di età compresa tra 18 e 85 anni, tracciava, l’anno scorso, l’immagine di una “famiglia sospesa”, in bilico tra i tanti problemi e le risorse per affrontare i cambiamenti vivendoli come opportunità di crescita. Sebbene le preoccupazioni economiche, le difficoltà nel conciliare vita familiare e lavoro, l’abbassamento del livello di benessere psicologico di bambini e adolescenti, abbiano accresciuto lo stress, è emersa difatti la capacità rigenerativa della famiglia, la cui importanza emerge anche dal report su scala mondiale commissionato da Land Rover, Project Discovery, riguardante gli effetti dell’epidemia di Covid-19 sulle relazioni familiari.

I risultati, nell’ambito delle tendenze rilevate su 7.000 partecipanti, di cui 1.000 italiani, hanno evidenziato “la rivincita dei nonni”. Il 20% degli intervistati che possiedono l’alto quoziente di resilienza necessaria a superare l’emergenza, ha trascorso del tempo in compagnia dei nipoti. L’emergenza sanitaria, ai suoi inizi, aveva imposto una radicale modifica delle modalità di frequentazione dei nonni sia con i figli che con i nipoti, ma l’impatto affettivo della privazione di contatto ha avuto ricadute negative su tutti i membri della famiglia allargata: nei nonni, ha generato smarrimento e senso di vuoto, nei bambini, carenza di attenzioni. In seguito, le famiglie si sono riorganizzate per rivitalizzare il legame nonni-nipoti e, mentre si ritorna gradualmente alla frequentazione in presenza, quelli che restano fisicamente lontani hanno imparato a potenziare i contatti sfruttando la tecnologia.

Il rischio del contagio provoca solitudine? Ecco che, pur costretti a rimanere a casa, i nonni imparano a usare tablet e smartphone, e si iscrivono ai social network per continuare a far parte della vita dei propri cari. Per promuovere il benessere degli anziani nella società della rete, dall’Università Bicocca di Milano arriva il progetto “Nonni connessi”, che ha prodotto una serie di video pensati per gli anziani per insegnare loro l’utilizzo di app che permettono di rimanere in contatto con parenti e amici, e per veicolare una serie di istruzioni utili, insegnando in modo pratico a registrare un numero di emergenza sul cellulare, a fare una video chiamata, a inviare un messaggio vocale, o come creare una chat fra amici e parenti, come cercare un video, attraverso brevi lezioni online trasmesse da Youtube. Tutorial estremamente semplici spiegano come registrare sullo smartphone il numero del medico o di un familiare in modo da poterlo contattare velocemente; come chiamare amici e parenti attraverso una videochiamata, o come aprire file multimediali e condividere contenuti in una chat di gruppo.

Certo è che, anche quando il contatto fisico è mancato, il reciproco interesse e il legame affettivo tra nonni e nipoti non sono mai venuti meno. Secondo la pedagogista Daniela Frizzele, è importante, facendo tesoro dell’esperienza dettata dalla pandemia, riaprire i canali comunicativi, riflettendo su come gli affetti abbiano bisogno di nutrirsi di sguardi, parole, tempo dedicato, gesti di premura, scambio di doni; occorre recuperare rispetto alla grave “sospensione” vissuta. Se l’emergenza sanitaria ha modificato la trama delle relazioni familiari, non è bene che spezzi alcun filo: “questa continuità è auspicabile sia per i più piccoli quanto per i nonni stessi. Con le precauzioni del caso, continuiamo a incrociare lo sguardo sapiente dei nostri nonni, a stringere le loro mani vissute, ad ascoltare la voce carica di bene per i loro bambini e ragazzi. Se oggi non c’è spensieratezza nell’avvicinare i nonni, piuttosto prudenza e creatività nel dirsi il bene che ci si vuole, il legame resta custodito”.

La presenza dei nonni non solo è importante in famiglia, ma nell’intera società. Il “manifesto” del bellissimo sito web della “Associazione Nonni 2.0”, recita: “Nel mondo in cui viviamo i nonni, custodi della memoria, sono più che mai chiamati a essere attivi testimoni delle virtù e delle esperienze che, alla prova del tempo e della vita si sono dimostrate utili e valide per affrontare le sfide personali e sociali del tempo presente”. In un’epoca di fragilità psicologica diffusa, i nonni testimoniano la capacità dell’uomo di superare le difficoltà della vita; svolgono un ruolo prezioso, e si impegnano “perché sia ovunque tutelata la libertà di educazione e venga assicurata ai nipoti e alle future generazioni una formazione che tenga conto dei principi di realtà, natura e ragione”.

Le sorti del contatto intergenerazionale nel corso della diffusione del Covid-19 è stato oggetto di dibattito sin dall’inizio della pandemia. I nonni sono stati le vittime più numerose; in un anno, moltissimi anziani sono deceduti, spesso all’interno di strutture RSA, senza l’abbraccio della famiglia, pagando, in Italia e nel mondo intero, un altissimo tributo di sofferenza e di vite. A questo si è aggiunto uno sconvolgimento della routine quotidiana all’interno delle famiglie con figli minori, poiché l’assistenza ai bambini da parte dei nonni è un modello familiare diffuso a livello mondiale, molto più di quanto si creda: i genitori che lavorano, non sempre si rivolgono, o hanno accesso, a strutture istituzionali di assistenza all’infanzia; più forti sono i legami familiari intergenerazionali e più aumenta la propensione a delegare ai nonni l’assistenza ai bambini: in un target da 0 a 14 anni, i nipoti sono spesso accuditi da un nonno. Quando la mortalità da Covid ha postulato il legame tra contatto intergenerazionale e tassi di infezione, è scattata una capacità di reazione delle famiglie nel garantire le necessarie distanze a tutela della salute degli anziani, e nell’assicurare la continuità di una serie cruciale di attività (dal lavoro alla scuola). E, fin troppo spesso, la loro responsabilizzazione si è nei fatti tradotta in una delega in toto da parte delle istituzioni per la soluzione dei problemi derivanti dalla estrema complessità della situazione emergenziale, che ha finito per accentuare il divario tra le famiglie in grado di fronteggiarla e quelle emarginate, perché non dotate degli strumenti tecnologici oggi indispensabili per svolgere le attività a distanza.

In questo scenario, mentre la richiesta di risposte istituzionali diventa sempre più urgente, così come appare imprescindibile che chi governa abbia la competenza necessaria per valutare quanto grave sia stato l’impatto della pandemia sulle famiglie, e sui minori, nel progettare la “ricostruzione”, l’importanza dei nonni è paradossalmente stata rivalutata quando il loro apporto è venuto a mancare. E, spesso, anche dal punto di vista economico. Che i nonni percettori di pensione sostengano finanziariamente figli e nipoti, non è, purtroppo, una leggenda metropolitana. C’è poi un’ampia fascia della categoria dei pensionati che a stento basta a se stessa, ma costantemente offre, come aiuto familiare, la propria collaborazione nella cura dei nipoti.

Amor con amor si paga: talvolta, però, anche un bonus può non essere disprezzabile. Secondo i dati resi noti dall’INPS nel marzo 2021, con il bonus baby sitter previsto per la cura dei bambini rimasti a casa a causa del Covid, in molti casi le famiglie italiane hanno ingaggiato direttamente i nonni. Per l’attivazione dei servizi a sostegno della famiglia per fronteggiare la chiusura delle scuole, l’Inps ha ricevuto complessivamente 1,3 milioni di domande sia per il bonus baby sitter che per la partecipazione a centri estivi tra marzo ed agosto 2020; ne ha accolte 1.078.173, per una spesa che supera gli 815 milioni di euro. A un anno esatto dalla prima chiusura delle scuole, è emerso, nel dettaglio, che sono state accolte 772.010 domande per bonus baby sitter, per i quali sono stati erogati 722 milioni di euro, e che il 61% dei 556.348 soggetti che hanno percepito il pagamento è ultrasessantenne. C’è una evidenza sorprendente, come l’Istituto ha dichiarato: “i baby-sitter sono in maggioranza anziani. Infatti il 61% ha almeno 60 anni, il che significa che presumibilmente si tratta di nonni”.

Nel “lavoro” di un nonno resta comunque impagabile l’amore col quale viene svolto; se il tempo e la fatica possono essere in qualche modo compensati, fiducia e dedizione non hanno prezzo.


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