La prigione, la speranza e la libertà: il viaggio di Alessia a Palermo

La prigione, la speranza e la libertà: il viaggio di Alessia a Palermo

Il racconto di una emozionante presentazione
ALLA FELTRINELLI
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Alessia Piperno, vista dal vivo, è una ragazza minuta che dimostra dieci anni di meno dei suoi trentuno. Ha un sorriso tenace e uno sguardo che è il boccaporto di uno spirito curioso e sensibile. E’ stata prigioniera, in Iran, per quaranta giorni, nel carcere di Evin, un “inferno in terra”, come lo definisce. Erano le settimane della protesta per l’uccisione di Mahsa Amini. “Stavamo entrando in un posto per cominciare un gioco di società – racconta – quando ci hanno arrestato. Non avevamo fatto niente di male”. Dalla normalità di una viaggiatrice-blogger all’abisso che si spalanca sotto i piedi e ti precipita in uno spaventoso universo parallelo, fatto di sbarre, umiliazioni, durezza. Qualcosa che, fino a quel momento, avevi soltanto letto nelle storie degli altri.

Alessia sorride, alla Feltrinelli di Palermo, mentre firma le copie del suo libro, durante la presentazione. Si intitola ‘Azadi!’ (‘libertà’ nella lingua Farsi) ed è stato edito da Mondadori. Sono pagine che capovolgono la serenità di chi le scorre, trasformandola in inquietudine. La cronaca di un incubo a occhi aperti, culminato nella liberazione. Frammenti emotivamente difficili, crudi, ma necessari. Pervasi dalla dolcezza di una speranza che non è venuta meno, neanche quando è stata accerchiata dall’impossibile. Alessia chiacchiera, risponde alle domande dei lettori convenuti. Fuori c’è la serenità di un autunno palermitano che non vuole scrollarsi di dosso l’estate. Possiamo entrare e possiamo uscire, respirando profondamente. Possiamo prendere un caffè. Nessuno ci metterà mai le manette perché pensiamo. Nessuno ci trascinerà davanti a un muro perché vogliamo sapere.

Il racconto di Alessia Piperno è un magnifico manuale di viaggio, dei viaggi veri che non hanno alcun legame con la semplificazione della virtualità. Viaggiare: cioè, andare da qualche parte, incontrare persone, trattenerle negli occhi, essere trattenuti, in una condizione di reciproca scelta, e comunicare quello scambio.

Ulisse affrontò il suo stesso viaggio come un pegno per il ritorno a casa, ma si accorse del resto: lo accompagnarono mille avventure e l’omerica ‘aurora dalle dita rosate’. Infine, si scopre che il senso di tutto era disseminato durante il percorso (‘Itaca ti ha dato il viaggio, senza di lei, mai ti saresti messo sulla via’. Così scrive il poeta Kafavis).

Alessia non ha conosciuto né il ciclope Polifemo, né la maga Circe. Sulla sua strada, si sono manifestati mostri in carne e ossa, fino alla salvezza. Chi l’ha criticata (‘perché non restava a casa sua?’) è privo di quell’amore per l’ignoto che è fame di conoscenza, desiderio di abbracciare l’umanità, nelle sue irripetibili e più remote singolarità.

Venerdì scorso, la presentazione del libro a Palermo, in mezzo all’affetto di chi è convenuto. Nel ricordare la prigionia, i patimenti, gli amici ancora reclusi, Alessia si è commossa, ha pianto. Dal boccaporto dei suoi occhi, accanto al dolore, si è manifestata quella indomabile speranza. Si possono imprigionare i corpi, ma le anime resteranno sempre libere di rinascere. Ecco cosa ci insegna questo viaggio. Con tutti gli altri.


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