La profezia di Don Pino e gli errori - Live Sicilia

La profezia di Don Pino e gli errori

Cosa ci resta della profezia, dell'insegnamento di Don Pino Puglisi che voleva liberare Brancaccio dal clientelismo? Cosa rimane dell'insegnamento del suo sorriso generoso?

Difficile restare fedeli alla memoria e all’azione di una vittima di mafia. Questo Cosa nostra lo sa, e quando uccide, insieme a una vita seppellisce molto di più. Le polemiche sulle eredità di uomini e donne ammazzati per il loro impegno concreto antimafia sono abbastanza comuni. L’ultima, ma sempre penultima storia, riguarda don Pino Puglisi. Il cui lascito, a quanto leggiamo, si trova in mezzo a una diatriba che vede in campo la Curia di Palermo, il Centro Padre Nostro, e coloro i quali, sino al 15 settembre del 1993, giorno in cui venne fatto fuori, collaborarono più strettamente con Puglisi. Qui si tratterebbe di capire, al di là della attuale contrapposizione, che traccia volle lasciare Don Pino nel territorio di Brancaccio, nel quale consumò gli ultimi tre anni della sua vita, e quali atti conseguenziali prese la curia palermitana affinché continuasse quel progetto dopo la sua scomparsa.

E’ un pezzo importante di ragionamento, che vale per questo come per altri casi simili. Perché proseguire un percorso rispettandolo nella sua radicalità, o deviare da esso, significa avanzare o meno in territori importanti per il contrasto alle mafie. Sicuramente si può dire che il presbitero intendeva rimanere lontano dalle prebende, talvolta anche assai sostanziose in termini monetari, che cadono dal tavolo della politica. Legittime quanto si vuole, ma che costituiscono un altro versante rispetto alla profezia di 3P. Che si può riassumere con un esempio abbastanza indicativo. Per comprare le sede del Centro Padre Nostro, di fronte la Parrocchia di S. Gaetano, che egli voleva legata strettamente al Centro, ricorse ai soldi della curia, a delle donazioni private, a un sorteggio e ad un prestito pagato anche con il suo misero stipendio. Avrebbe potuto bussare alla porta di qualche potente e quei denari sarebbero spuntati senza faticare più di tanto. Ma questo era proprio il segno che intendeva dare a Brancaccio e a tutta la città. La politica deve fornire servizi, non alimentare clientele. E quando non lo fa occorre alzare la voce. Ma per farlo, e ottenere risultati, non devi essere ricattabile, cioè non devi esserti mai presentato con il cappello in mano a chiedere soldi facili per dare solo il pesce a qualcuno e per non insegnare a pescare a tutti gli altri.

Che è un po’ quello che fa la politica malata. Che si rafforza quando trova sul territorio agenzie sociali che perseguono fini simili. Questo Puglisi lo aveva capito e si era perciò legato al Comitato Intercondominiale Hazon. Che reclamava, anche a muso duro, e costruiva, diritti per tutti. Anche la presenza delle suore come animatrici del Padre Nostro era un tratto dirompente, rivoluzionario, semplice e gratuito. Povero e ricco nello stesso tempo. In un quartiere dove, ancora oggi, se qualcuno tende la mano è perché spesso ci sono fondi pubblici da utilizzare. La potente cosca mafiosa di Brancaccio capì perfettamente tutto questo e risolse la cosa a modo suo. La curia, questo possiamo dire a quasi diciannove anni dall’omicidio del sacerdote, non comprese sino in fondo che doveva assicurare la continuità al lavoro di Puglisi, proprio a Brancaccio, prima che altrove. Assicurando, subito, alla Parrocchia e al Centro, guide sicure. Ma vi fu una retromarcia. Molti degli originari collaboratori furono, di fatto, allontanati. Le suore andarono via. La parrocchia si allontanò progressivamente dal centro. Lo possiamo dire, la chiesa, all’indomani dell’uccisione di Puglisi, mostrò paure e incertezze. Anche non presentandosi come parte civile al processo contro i mandanti e i killer di quel colpo di pistola alla nuca che aveva steso uno dei suoi figli migliori.

C’è un episodio che mi è stato raccontato, credo sconosciuto ai più, che ciascuno può interpretare come vuole. Uno dei più vicini sostenitori di don Pino, la sera dell’omicidio accorso al Buccheri la Ferla, dove il parroco morente venne accompagnato, si senti dire, così riferisce, da un alto grado della diocesi di Palermo se erano contenti, visto come era finita. Quasi a voler incolpare, per quanto accaduto, anche loro, l’ostinazione con la quale insieme al sacerdote volevano rendere Brancaccio vivibile, e non soltanto la mafia. Ora la Curia, in vista della beatificazione di Puglisi, con notevolissimo ritardo, vuole tornare protagonista. E’ probabile che riesca a salvare la forma. Ma la sostanza di quella profezia sarà molto difficile recuperarla.


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