"La Regione socia? Allora| facciamo venire la Bmw..." - Live Sicilia

“La Regione socia? Allora| facciamo venire la Bmw…”

Albanese sulla Fiat di Termini
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“La Regione in società con Dr Motor? E allora perché non con Toyota, Bmw o altri grandi marchi dell’industria automobilistica? A questo punto si potrebbe riaprire il bando perché, possibilmente, se altri imprenditori avessero saputo di poter contare su un socio pubblico magari avrebbero preso in considerazione l’idea di partecipare”. È provocatoria (ma fino ad un certo punto) la considerazione del presidente di Confindustria Palermo, Alessandro Albanese (nella foto), sulla ventilata possibilità che la Regione possa sostenere lo sbarco di Dr Motor nell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese attraverso la costituzione di un nuovo fondo mobiliare gestito da Cape Regione Siciliana, la società di private equity costituita qualche anno fa in partnership con il finanziere Simone Cimino, uscito poi di scena dopo i guai giudiziari e partecipata da Palazzo d’Orléans per il 49% (il restante 51% che fa capo a Cimino è al momento commissariato da Bankitalia). “Partendo dal presupposto che la priorità assoluta è fare presto – continua Albanese – è ovvio che in questo modo si cambierebbero le regole del gioco in corsa. Piuttosto sarebbe forse più opportuno intervenire sul fronte delle infrastrutture, così da rendere più attrattiva l’area”.

Ma, anche in questo caso, siamo nel campo delle ipotesi. Di certo c’è solo che dal primo gennaio di quest’anno lo stabilimento e gli oltre duemila lavoratori, tra diretti e indotto, che ruotano attorno all’universo Fiat stanno ancora aspettando che qualcosa si muova. Lunedì ci sarà l’ennesimo incontro. Stessa sede. Stessi protagonisti (Invitalia, Regione Siciliana, sindacati, Massimo Di Risio, patron di Dr). “Anzi in questo caso parteciperà anche un rappresentante del ministero del lavoro per discutere anche la questione prepensionamenti. È una situazione che ormai ha del surreale”, dice senza mezze parole il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone. Che, però, spinge sull’eventuale ingresso della Regione: “L’ingresso della Regione siciliana nel capitale della società che acquisirà lo stabilimento Fiat di Termini Imerese è una delle cinque condizioni poste da Fim Fiom e Uilm tre mesi fa, nell’ambito dell’operazione per la cessione della fabbrica. Non si tratterebbe di sperpero di denaro pubblico, ma di garanzia nei confronti degli impegni finanziari già assunti dalle istituzioni col contratto di programma e nei riguardi di 2mila lavoratori”. Quindi specifica: “Gli operai non vogliono diventare dipendenti della Regione. La presenza della Regione come socio sarebbe a tempo, 3-4 anni e poi, fatte le opportune verifiche, uscirebbe dal capitale. Per noi l’intervento della Regione in questo progetto è indispensabile. Vogliamo che i soldi pubblici abbiano buon fine, non siano sperperati o utilizzati da qualche imprenditore furbo che poi dopo un po’ di tempo sparisce”. Una preoccupazione che, evidentemente, le rassicurazioni di Di Risio dei giorni scorsi non sono riuscite a placare: “Siamo quasi certi di riuscire ad avviare la produzione a Termini Imerese entro la fine dell’anno. L’azienda che sostituirà la Fiat nell’Isola è solida e fortemente capitalizzata perché avrà come patrimonio circa 20 milioni di euro solo di liquidi, più un patrimonio materiale di 80 milioni. Inoltre abbiamo chiesto un sostegno finanziario di 100 milioni di euro alle banche, che ci consentirà di operare in assoluta serenità nei prossimi anni anche in vista in una crescita futura senza l’obbligo di accedere al credito”.

Fin qui le buone intenzioni. I fatti parlano di un’azienda che “a causa dell’operazione di Termini”, è questa la motivazione fornita da Di Risio, non è riuscita a inizio 2011 a fare con il fornitore cinese la programmazione per l’anno. Risultato, la produzione di auto in Cina, poi da assemblare in Molise (dove ha sede la Dr), va avanti a singhiozzo. E lo stesso le vendite. Con conseguenze sui conti: a settembre 2011 il fatturato è stato di circa 16,4 milioni, con costi per oltre 26,5 milioni e una perdita di 11,4 milioni. Poi c’ è da considerare il debito: 67 milioni, di cui 30 milioni verso le banche e in scadenza entro 12 mesi.


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