“Viviana non si è uccisa e non ha ucciso il piccolo Gioele”. Comincia così un lungo post su facebook di Claudio Mondello, avvocato e cugino di Daniele, il papà di Gioele.
L’imprevisto
Scrive Mondello: “‘Mi coinvolse un senso di protezione”; a queste parole Viviana affida il bisogno di condividere la propria vulnerabilità: l’immenso amore per il suo cucciolo – il piccolo Gioele – e la necessità (in primo luogo) di proteggerlo da ogni possibile insidia. E’ con questo spirito che intraprende un viaggio il quale, se avesse goduto di maggiore fortuna, si sarebbe compiuto nel breve volgere di una mattinata di agosto. Nessuno ne avrebbe saputo nulla. Il suo proposito è violato da un fatto sopravvenuto – non previsto né prevedibile – ovvero un fortuito sinistro automobilistico”.
“Protezione”
L’avvocato continua: “La propria posizione era tale da metterla in grave difficoltà (si trovava a 100 km da dove avrebbe dovuto essere); decide , quindi, di guadagnare la fuga. Il teste del nord – il cui senso civico revivisce a distanza di due settimane – riferisce di una madre che si evidenzia per una condotta di protezione e tutela del figlio. Protezione”.
La ricostruzione
Mondello ricorda che “Viviana è rinvenuta ai piedi di un traliccio (il corpo della madre e quello del piccolo distano 500 metri in linea d’aria e piu’ di N.1 km se si seguono le stradine di collegamento viario). E’ lecito ipotizzare quanto segue: il bambino sfugge alla vigilanza della madre e si allontana. Forse anche solo di pochi passi. Probabilmente qualcosa, in quello scenario di campagna, attira la sua attenzione oppure lo spaventa. La madre, terrorizzata, cerca disperatamente di trovarlo ma i suoi tentativi falliscono”.
Sul traliccio
“Al fine di meglio orientarsi, quindi, decide di salire sul pilone della corrente e guadagnare una posizione di privilegio rispetto al luogo circostante. E’ vero che il traliccio è posto piu’ in basso rispetto alla collina adiacente (circostanza che mi lasciava dubbioso su uno scenario di tale guisa) ma lo è, altresì, che è l’unica tipologia di struttura che consenta di guardarsi intorno a 360 gradi. E’ compatibile, pertanto, con l’idea di chi voglia perlustrare la zona limitrofa; probabilmente (così ipotizzo) per guadagnare il contatto visivo col bambino”.
“Perché per ritrovare il bambino e non per ritrovare la via smarrita? – si domanda il parente del marito di Viviana -. Perché si discorre di un possibile pericolo mortale (da quel traliccio transita corrente elettrica ad alto voltaggio) per cui ipotizzo che una spinta esiziale – tale da far decadere ogni indugio – sia stata, per Viviana, quella di ogni madre responsabile: l’amore (“mi coinvolse un senso di protezione”) e la tutela del proprio bambino. Da quella posizione Viviana, finalmente, rintraccia Gioele: si affretta a scendere ma, probabilmente per evitare di perdere tempo, ritiene preferibile saltare. Questa scelta le è fatale”.
Il suino
“Da questo punto in poi faccio mia la ricostruzione di chi ha restituito Gioele alla propria famiglia: Giuseppe Di Bello, ex brigadiere dei Carabinieri. E’ probabile che il bambino abbia vagato tra i boschi fino al momento in cui è incorso in un incontro funesto (forse un suino nero dei Nebrodi; in zona ve ne sono molteplici sia da allevamento che allo stato brado). Quanto sopra deve essere vagliato, in modo accurato, e supportato da evidenze tali da rendere impossibile ogni alternativa possibile. Un lavoro che impone pazienza, rispetto e silenzio”, conclude Claudio Mondello.
Tesi non convincente.
Per nulla.
Che Dio abbia pietà delle vittime.
Concordo una tesi priva di concreto, forse perche in cuor mio mi auguro che Gioele abbia avuto a che fare con gli animali selvatici, solo dopo essere deceduto.
purtroppo i suini come i cinghiali, se per errore ti avvicini ai piccoli e c’è vicina la madre, si corrono grossi pericoli, poi la “pratica” di allevamento dei suini neri è molto in uso in quelle zone, in che cosa consiste, diciamo che crescere un suino in cattività ha un suo costo non indifferente, quindi “le persone” le fanno crescere in stato semibrado, cioè loro vanno a portargli da mangiare (un po’ come si fa con i cani) e nello stesso tempo i maiali sono liberi di scorazzare, ovviamente gironzolando il cibo se lo cercano da soli, le persone portando in determinati posti il cibo fanno in modo che loro si fidino solo di quelle persone (come i cani) e quando sono diciamo pronti da macellare, li catturano, ovviamente questa “tecnica” del semibrado, e la proliferazione dei maiali porta appunto ad una incontrollata sovrappopolazione di questo animale, infatti nel parco dei nebrodi, te li vedi sfrecciare come saette, ed alcuni sono maiali, altri in effetti sembrano appunto incroci fra maiali e cinghiali, come far finire tutta questa anarchia? con un paio di autorizzazioni, la prima è l’ordinanza dei sindaci di poter abbattere i maiali selvatici e/o incrociati con i cinghiali (solo il cinghiale è un animale selvatico incroci ed altro no) altra autorizzazione purtroppo necessaria è l’autorizzazione del parco a poter cacciare appunto nel territorio protetto i maiali selvatici ed incroci e forse qualche altra autorizzazione, pero’ fra ambientalisti e protettori di animali che si ergeranno a protesta contro l’eventuale autorizzazioni a decimare questi maiali selvatici, NON ULTIMO l’articolo su NEBRODI NEWS – La presenza di branchi di maiali selvatici vaganti, e privi di codici identificativi, nei Comuni dei Nebrodi, ma anche delle Madonie, comincia a diventare una cosa seria poiché inizia ad assumere aspetti dai
contorni inquietanti e pericolosi. Non parliamo più di danni alle colture, che per
gli agricoltori oggi hanno raggiunto livelli non più sostenibili, ma di situazioni ben più
importanti che minano la serenità degli abitanti e mettono in serio pericolo la pubblica incolumità.
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Quindi a quando il prossimo incidente mortale senza per questo prendere nessun provvedimento ad arginare la situazione?