La scomparsa di Denise Pipitone: testimoni, alibi e nuove indagini

La scomparsa di Denise Pipitone: testimoni, alibi e nuove indagini

Il racconto di chi dice di avere visto la bimba piangere e la perizia sulla firma di Anna Corona

PALERMO – Due personaggi noti alle cronache e un nuovo super testimone. Passato e presente si intrecciano nell’inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone. Qualche alibi sembra scricchiolare ed è necessaria una rilettura.

Il super testimone è uscito allo scoperto

Qualche giorno fa un uomo si è presentato nello studio dell’avvocato Giacomo Frazzitta, legale di Piera Maggio. Ha detto di essere l’autore della lettera anonima in cui scriveva di avere visto Denise, il 1° settembre 2004, giorno del rapimento a Mazara del Vallo. Durante l’incontro con il legale ha aggiunto nuovi particolari al suo racconto e fatto almeno un nome delle tre persone che erano a bordo della macchina su cui viaggiava Denise mentre piangeva e urlava “aiuto mamma”.

Ed è un nome che rimanda al contesto familiare su cui si sono finora concentrate le indagini. Ha paura il testimone, ma ha già superato due step: ha scritto la lettera e ha risposto all’appello del legale che lo invitava a farsi vivo. Il passaggio successivo sarà mettere nero su bianco il suo racconto alla Procura di Marsala che ha riaperto l’inchiesta. L’uomo vive in Sicilia, non più a Mazara del Vallo, ma in un centro vicino. Che sia lui la stessa persona che ha scritto la lettera anonima sembra fuori discussione, anche se bisogna sempre muoversi con i piedi di piombo.

Da giorni al centro delle indagini sono tornati due nomi. Anna Corona e Giuseppe Della Chiave. La donna è la mamma di Jessica Pulizzi, che all’epoca minorenne fu processata e assolta per il sequestro con una sentenza ormai definitiva. Anna Corona, ex moglie di Pietro Pulizzi, il papà naturale di Denise, fu allora indagata ma la sua posizione archiviata. Nei giorni scorsi la Procura ha fatto ispezionare, senza esito, l’abitazione dove Anna Corona ha vissuto fino all’anno scorso nella speranza di trovare tracce del passaggio dei Denise.

Quel giorno in albergo

La donna ha sempre detto che la mattina del sequestro si trovava sul posto di lavoro, la lavanderia di un albergo. Nello stesso albergo aveva poi ricevuto la visita delle figlie. Il consulente incaricato dalla difesa durante il processo disse che le firme sul registro delle presenze dell’Hotel Ruggero II erano state apposte da Anna Corona, sia in entrata che in uscita.

Così come era stata Corona a segnare l’orario di arrivo. L’orario di uscita – le 15:30 – fu scritto, invece, dalla collega Francesca Adamo che lo confermò in aula, nel 2012.

C’è una novità, però, Adamo, intervistata nei giorni scorsi durante un servizio de “La Vita in diretta”, ha detto: “Dobbiamo capire se io ho messo la firma o l’orario. Per quanto mi riguarda io ho messo la firma, me lo ha chiesto Anna. Quando, però, non me lo ricordo di preciso. Anna non mi ha detto perché quel giorno avrei dovuto mettere la sua firma. Io ho fatto solo una cortesia a una collega, non ho mentito, non sono una complice di Anna Corona“.

Una perizia sulla firma

È la prima volta che Adamo dice di avere firmato al posto di Corona. Da qui la decisione di Frazzitta di fare eseguire una nuova perizia. Servirà uno studio approfondito, ma ad una primo esame della grafologa Sara Cordella di Venezia sembrerebbe che la firma sull’orario di uscita non sia di Anna Corona a differenza di quanto emerse nel corso del processo. È stata davvero la collega Adamo a firmare al posto suo? I primi segnali farebbero pensare di sì.

Quando fu sentita nel 2012 Adamo disse di non ricordare se la collega si fosse allontanata dal posto di lavoro: “… magari se ne sarà andata un quarto d’ora prima… mi avrà chiamato e mi avrà detto… mettimi l’orario di uscita quello tuo... è capitato pure qualche volta che eravamo insieme ci fumavamo la sigaretta dietro la reception e poi magari dice metti l’orario uguale a quello tuo… altre volte non lo so poteva essere un’ora… poteva essere mezz’ora poteva essere una e mezza non glielo so dire… “.

Il vecchio racconto della collega

Adamo era stata sentita il 10 e il 13 settembre 2004, dunque nei giorni successivi alla scomparsa di Denise, ma solo alla terza convocazione del 14 settembre riferì di avere visto le figlie di Anna Corona in lavanderia. Si giustificò dicendo di non avere dato importanza alla circostanza poiché era una normale visita di due adolescenti alla madre.

Sempre il 14 settembre aggiunse che “per quanto sono a conoscenza la corona Anna non è uscita all’albergo nell’arco della mattinata del primo settembre in quanto se si esce all’albergo si firma un registro, non mi risulta che lei l’abbia firmato per uscita intermedia”.

Capitolo chiuso? No, perché nel luglio 2010 gli investigatori tornarono a chiederle uno sforzo di memoria e la donna spiegò di “non poter dire con certezza che quel primo settembre Corona era uscita insieme a lei alle ore 15:30“. E adesso c’è anche il giallo della firma.

Sono tutti passaggi affrontati nella sentenza del processo in cui Jessica Pulizzi è stata assolta. I giudici dissero che pur “costellate di non ricordo” le dichiarazioni di Adamo “non appaiono connotate da indubbia falsità”. E neppure credettero che il tutto fosse servito per creare un falso alibi a Jessica Pulizzi. Se fosse stato un piano tutti avrebbero concordato uno stesso orario ed invece Jessica collocò il suo arrivo in albergo alle 13, la sorella e la collega dissero di non ricordare, e infine Anna Corona parlò delle 11:30.

Il racconto del testimone sordomuto

E poi c’è la testimonianza di Battista Della Chiave, oggi deceduto. La scomparsa di Denise davanti alla casa di Mazara del Vallo è stata collocata tra le 11.35 e le 11.45. Gli investigatori presero in considerazione due telefonate. La prima avvenuta alle 12.10 (durata 18 secondi) partita dall’utenza di Anna Corona e ricevuta da una sua amica, Loredana, fidanzata di Giuseppe, nipote di Battista Della Chiave.

La seconda chiamata era delle 12.17 (durata 72 secondi) e Anna Corona disse dalla madre di raggiungerla a casa sua, per occuparsi delle figlie, perché “era successo qualcosa, ma senza spiegarmi cosa”. A nove anni di distanza, nel 2013, Battista Della Chiave, sordomuto e allora settantaquattrenne, con il linguaggio dei segni spiegò di avere visto una bambina che somigliava a Denise in braccio a suo nipote, fidanzato dell’amica di Anna Corona che ricevette la telefonata di 12 secondi. Il nipote si sarebbe allontanato con la bambina in scooter.

Una ricostruzione sempre respinta dal nipote e valutata dai giudici che non lo ritennero plausibile per la dinamica, gli incroci e gli orari. Una testimone disse infine di avere visto la mamma di Anna Corona arrivare a casa della figlia verso le 17:30, cinque ore dopo la richiesta di aiuto. Una richiesta che, dunque, non era stata così urgente.

La nuova ricostruzione

Alcune settimane fa la trasmissione “Chi l’ha visto”, con l’aiuto di un’esperta, ha dato una interpretazione diversa alle parole di Battista Della Chiave. Avrebbe parlato di due uomini che “hanno rapito la bambina con una motocicletta, superato un cavalcavia e poi nascosta in una barca con i remi sotto una coperta e sono andati via. La bambina piangeva. La moto è stata buttata in mare”.

L’eventuale ruolo di Giuseppe Della Chiave è stato scandagliato dai giudici che decisero di non sentire in aula lo zio sordomuto ritenendo inverosimile la ricostruzione che gli veniva attribuita.

Cosa scrivevano i giudici

Ecco cosa scrivevano in sentenza “mettendo insieme tutti i tasselli“. Jessica Pulizzi a bordo di un ciclomotore in compagnia della sorella “casualmente passa lungo via La Bruna” e vede Denise Pipitone “accidentalmente lasciata sola in strada”. Jessica “resasi conto che in quel momento nessuno la osserva decide di prelevare e trasportare la bimba a casa del padre Piero Pulizzi, assumendo il rischio non marginale di essere notata da qualcuno trattandosi di tre persone su un ciclomotore fra cui due bambine molto piccole”.

Jessica voleva “portare Denise al cospetto del padre e così costringerlo a rivelare la sua paternità fino ad allora tenuta nascosta”. Non lo trova in casa e decide di “portare Denise sempre a bordo dello scooter in compagnia della sorella sul luogo di lavoro della madre Anna Corona allo scopo di rivelare l’accaduto ed essere aiutata sul da farsi”. Anna Corona, confidando sulla complicità di Francesca Adamo, “allo scopo di nascondere e occultare Denise, alle 12:10 contatta l’amica Loredana Genna per chiedere l’aiuto del marito Giuseppe Della Chiave”.

Giuseppe Della Chiave a bordo di una motocicletta o di un ciclomotore raggiunge Anna Corona “che gli consegna la bambina e contemporaneamente gli chiede il favore di avvertire la nonna delle bambine affinché si prendesse cura delle due due figlie”.

In seguito Giuseppe Della Chiave “trasporta la piccola Denise sempre a bordo di un motoveicolo nei pressi della sua abitazione in via Rieti. Giuseppe Della Chiave una volta giunto in via Rieti prende Denise in braccio ed entra in un magazzino”, dove “trova un apparecchio telefonico dalla quale chiama Lo Cicero” per dirle che deve prendersi cura delle nipoti.

Una ricostruzione che non convinse i giudici che mandarono assolta Jessica. In trenta minuti chi voleva fare del male a Denise avrebbe coinvolto una serie di persone nel delitto, alcuni con intrecci casuali. Per la Corte questa ricostruzione non reggeva. E così, nonostante il possibile risentimento verso Piera Maggio quale movente del delitto, secondo i giudici non c’erano le prove della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Jessica Pulizzi è stata assolta con sentenza definitiva. Il caso per lei è chiuso, ma non per la madre che si definisce vittima di un processo mediatico.


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