PALERMO – La crisi di Palermo e della Sicilia, con le grandi industrie che abbandonano l’isola, dalla Fiat ad Ansaldo Breda, alle incertezze sul futuro del Cantiere Navale di Palermo, è stata al centro della Conferenza di Organizzazione della Cgil di Palermo che si è svolta nell’ex deposito delle Locomotive Sant’Erasmo. Un grande momento di riflessione e di dibattito sul futuro del sindacato ma anche una occasione per riportare al centro dell’attenzione il lavoro.
Il lavoro che c’è ma soprattutto quello che non c’è, quello precario, quello parcellizzato. In platea i 277 delegati scelti nei posti di lavoro, i segretari provinciali e regionali delle categorie, le segreterie di Cgil Palermo e Cgil Sicilia. Sul palco il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo, il segretario della Cgil Sicilia Michele Pagliaro e il segretario generale Susanna Camusso, che con il suo intervento ha concluso la giornata. Sedici gli interventi dei rappresentanti dei lavoratori, che hanno denunciato condizioni di lavoro sempre più difficili e un futuro sempre più incerto.
“Sono una lavoratrice atipica da 7 anni e mi occupo di arredamento da Mercatone Uno. Guadagno una percentuale di quello che vendo. Ma lavoro come i colleghi a tempo indeterminato e, al contrario di loro, io non metterò su mai famiglia. Non avrò mai un lavoro vero”, ha raccontato Giusi Di Maria. Serafino Biondo, delegato Fiom del Cantiere Navale: “Da delegato di fabbrica, registro una situazione disperata, a perdere, anche tra i nostri colleghi dell’ex Fiat e dell’indotto, che nemmeno riescono a percepire le mensilità degli ammortizzatori sociali. Fincantieri non rinnova i carichi di lavoro e la politica, che doveva stanziare i fondi per realizzare i bacini, è assente”.
A lanciare l’allarme sul futuro della realtà produttiva palermitana è stato Enzo Campo. “Quando le grandi aziende nazionali pubbliche devono fare dei tagli, tagliano nel Mezzogiorno, soprattutto in Sicilia e a Palermo. Vedi Ansaldo Breda, che ha venduto le sue aziende ai cinesi ma ha lasciato al suo destino lo stabilimento di Carini, la Fiat a Termini Imerese, e siamo preoccupati per il Cantiere Navale, che a metà giugno ha già chiuso la prima officina – ha detto Campo – Quando invece si tratta di fare investimenti nazionali, ci prendono in considerazione solo per le grandi emergenze. Come ha fatto l’Anas, dopo il crollo del viadotto sulla Palermo-Catania.
Le Ferrovie dello Stato da 25 anni non investono nella nostra regione e adoperano solo la tecnica del disservizio, per poi procedere al taglio dei rami secchi. Il trasporto si è trasferito così sul gommato: ci sono cinque famiglie potenti in Sicilia che con le loro autolinee si spartiscono 165 milioni della Regione”.