La storia di Paolo Leto | L'appello dopo sette anni - Live Sicilia

La storia di Paolo Leto | L’appello dopo sette anni

A 15 anni morì folgorato a Trabia
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“Ha voluto nascere per forza, per poi morire a quindici anni”. Elda è una donna forte, di quelle che non si arrendono e sanno trasformare il dolore in sete di giustizia. Eppure, stamattina in tribunale, aveva gli occhi lucidi, tratteneva a stento la rabbia: la sentenza d’appello, quella che dopo sette anni potrebbe far riposare in pace suo figlio Paolo, non arriverà prima del mese di ottobre.
Paolo Leto è stato folgorato da una scarica elettrica nel 2002, la notte di Ferragosto, mentre festeggiava con degli amici sulla spiaggia di Trabia. Per saltare un muretto, si era appoggiato ad un palo dell’illuminazione pubblica ed era morto sul colpo, a soli quindici anni. “Cercavano la legna per fare il falò – racconta Carmelo, il padre del ragazzo – ci hanno chiamato per dirci che era grave all’ospedale di Termini Imerese. Ci siamo precipitati, ma quando siamo
arrivati era già nella camera mortuaria, coperto con un lenzuolo… non volevano neppure che lo toccassimo”. Carmelo è un uomo mite, trasmette calma, serenità.  Sono gli occhi che lo tradiscono, è a sua cravatta nera a farti sentire una sofferenza muta che il tempo non sa cancellare. “Era un ragazzo fantastico, molto attivo – aggiunge – studiava al liceo artistico, era appassionato di murales e voleva fare l’architetto”. Sogni bruciati davanti a quel muretto. Elda ha 65 anni, è in pensione dopo essere stata per 33 anni impiegata all’Alitalia. Carmelo ha dieci più di lei e una volta era funzionario dell’Esa. Hanno altri due figli grandi, Giuseppe e Mariella, un nipote di tre anni e mezzo (“a volte scappa di chiamarlo Paolo”). Era l’ultimo, Paolo. “E’ venuto tardi – racconta Elda – io avevo 43 anni. I medici non si erano accorti che ero incinta, anzi volevano operarmi per una cisti. Io continuavo ad ingrassare e loro mi dicevano che era legato alla menopausa. Quando poi è venuto fuori che aspettavo questo bambino, io avevo dubbi. Ero avanti con gli anni, temevo di non farcela, ma anche che il bambino potesse avere delle malformazioni. Ho portato avanti la gravidanza e, per non farlo soffrire, ho deciso di fare il cesareo… Ha voluto nascere per forza, Paolo… per poi morire a quindici anni”.
Sul funzionamento di quel palo che ha ucciso l’adolescente avrebbe dovuto vigilare l’Anas. Così, in primo grado, sono stati condannati per omicidio colposo due funzionari dell’azienda, Nicolò Montana ed Egidio Aloisio. Due anni ciascuno (ma la pena è stata condonata con l’indulto). Un terzo dirigente, Ferdinando Di Natale, è stato assolto: in quel periodo sostituiva Aloisio che era in ferie. Montana ed Aloisio hanno fatto ricorso in appello. Elda non nasconde la sua rabbia: “Non sconteranno la pena, fanno lo stesso lavoro, i danni sono
stati pagati dall’assicurazione… A me chi restituirà mio figlio? Addirittura sostengono che Paolo sia morto non per la scossa, ma perché cadendo ha sbattuto la testa. Hanno persino proposto di riesumare la salma per rifare l’autopsia… Non permetteremo mai una cosa simile”. A quanto pare, il malfunzionamento di quel palo era stato segnalato da diversi cittadini all’Enel, ai carabinieri, al Comune di Trabia. L’ente competente però, come si è scoperto dopo la morte di Paolo, era un altro. Inoltre, come hanno ricordato stamattina gli avvocati della famiglia Leto, Salvatore Messina e Francesco Crescimanno, subito dopo l’incidente, l’Anas ha deciso di staccare diversi impianti di illuminazione sull’autostrada. Per motivi di sicurezza. Saranno i giudici a valutare. La sentenza d’appello dovrebbe arrivare il 7 ottobre.


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