La strage al depuratore di Mineo: | le richieste in Corte d'Appello - Live Sicilia

La strage al depuratore di Mineo: | le richieste in Corte d’Appello

A sei anni esatti dalla tragedia che spezzò per sempre la vita di sei persone, si avvia a conclusione il processo di secondo grado che si celebra a Catania. Sei gli imputati per i quali è stata chiesta la condanna. GUARDA IL SERVIZIO DI REI TV

La requisitoria dell'accusa
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CATANIA. Le richieste di pena sono state avanzate dal pm Sabina Gambino al termine della requisitoria del processo di secondo grado in corso di svolgimento a Catania. Il pubblico ministero ha chiesto 6 anni per il titolare della ditta, Salvatore Carfì; 5 anni e 6 mesi per il capo cantiere Salvatore La Cognata; 4 anni per il responsabile dell’ufficio tecnico Marcello Zampino; 4 anni per l’addetto al depuratore Antonino Catalano; 3 anni e 8 mesi per l’ex assessore comunale ai lavori pubblici, Giuseppe Mirata; 3 anni al responsabile dell’ufficio prevenzioni Giuseppe Virzì.

Il processo in questione è quello della “strage” del depuratore di Mineo che si celebra dinanzi ai giudici della Terza Sezione della Corte d’Appello etnea. Era l’11 giugno del 2008 quando all’interno della enorme vasca in alluminio del depuratore trovarono la morte a causa delle micidiali esalazioni tossiche che non lasciarono scampo, sei persone. Una tragedia che scosse e indignò non soltanto Mineo: una vicenda che a sei anni esatti di distanza grida ancora giustizia. Vale la pena, a tal proposito, ricordare i nomi delle vittime, quattro dipendenti comunali e due operai della ditta specializzata del settore: Giuseppe Zaccaria, 47 anni, Natale Sofia, 37, Giuseppe Palumbo, 57, Natale Giovanni Sofia, 37, Salvatore Tumino, 47, e Salvatore Smecca, 47. “Sono morti abbracciati uno con l’altro, quasi certamente nel tentativo di salvarsi a vicenda”, riportarono le cronache del tempo.

Il 26 novembre del 2012 il Tribunale di Caltagirone aveva, in prima istanza, comminato condanne già per 17 anni e 6 mesi: secondo l’ipotesi d’accusa, condensata in 16 capi di imputazione, l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato come “l’inadeguata gestione manutentiva del depuratore e lo sversamento di idrocarburi all’interno del pozzetto di raccolta fanghi” sarebbero stati il mix dalla quale è scaturita la tragedia. Oggi, come detto, il processo di secondo grado che dovrà tentare di scrivere un’altra pagina di verità su una vicenda tremenda per la quale i familiari delle vittime non avranno modo di darsi mai pace.


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