La Tax compliance: è un'utopia? - Live Sicilia

La Tax compliance: è un’utopia?

Intanto l’IVA festeggia il 50^ anniversario della sua entrata in vigore

Nel corso del Festival di Sanremo, l’attore Roberto Benigni ha illustrato egregiamente alcuni articoli della nostra Costituzione, sottolineando la semplicità e la chiarezza che, in pochissimo tempo ed in modo politicamente trasversale, i nostri “Padri Costituenti” hanno scritto nel dicembre del 1947.

Caratteristiche, quelle della Costituzione, che tutti vorrebbero anche in ambito tributario. Eppure lo abbiamo già detto tantissime volte: La confusione è enorme, la tax compliance pare sia solo una manifestazione verbale di buone intenzioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, ma sostanzialmente appare un’utopia. E’ già trascorso mezzo secolo dalla riforma tributaria del 1973 (a proposito lo scorso 1^ gennaio l’IVA ha compiuto 50 anni), ma le cose, nonostante l’introduzione massiccia dell’informatica, piuttosto che migliorare sono peggiorate. La dichiarazione definita tanti anni fa “lunare” dal Presidente Pertini, è diventata “marziana”.

Molti uffici tributari, probabilmente a causa della carenza di personale, sono un “muro di gomma” difficilissimo da penetrare specialmente per i semplici cittadini non assistiti da Professionisti esperti. Eppure non ci vuole molto per capire che con la chiarezza delle norme, unitamente alla semplificazione degli adempimenti (pur senza diminuire il contrasto all’evasione) ed al dialogo tra cittadino ed uffici (il tanto declamato contraddittorio preventivo), i risultati sarebbero eccezionali. Eccezion fatta, infatti, per i “non contribuenti”, ossia gli evasori totali e quelli “incalliti”, quelli – cioè – che di tasse non ne vogliono sentire parlare adducendo, oltre a quelli prima citati, anche altre motivi assolutamente illogici e sprezzanti della correttezza della maggioranza degli altri cittadini, l’altra enorme platea di contribuenti sfiduciati del nostro Fisco sicuramente verrebbero attratti verso la legalità e la correttezza, qualora venga dato loro il modo di pagare con semplicità le tasse (anche ampliando il limite per l’applicazione del famoso regime forfettario 15% ed eliminando alcuni motivi ostativi ancora esistenti) e, principalmente,
senza dovere conoscere l’enorme quantità di leggi, leggine, regolamenti, circolari, risoluzioni, ecc. che, di fatto, sarebbe sciocco non ammetterlo, rendono impossibile un atteggiamento sereno e privo del rischio di sbagliare e pagare molto di più dell’importo che si sarebbe dovuto pagare se le norma fosse stata più comprensibile e più semplice. Eppure, a prescindere dalla tanta sventolata tax compliance, esistono tante disposizioni che dovrebbero rendere più semplice la vita dei nostri cittadini-contribuenti.

E’ vero, ancora siamo in attesa della riforma del fisco (quella sul contenzioso tributario è stata fatta in fretta e furia e, quindi, male, per rispettare i tempi imposti dal PNRR), siamo in attesa dei famosi “testi unici”, ma come si ricorderà, esiste già lo “Statuto dei Diritti del Contribuente” (legge 212 del 27 luglio 2000) una legge che contiene diverse disposizioni che già, da sole, potrebbero migliorare molte criticità, sempre che le citate disposizioni vengano effettivamente applicate dagli Uffici. C’è l’articolo 5 della legge 212/2000 che prevede l’obbligo di consentire al contribuente la “completa ed agevole” conoscenza delle disposizioni legislative ed amministrative vigenti in materia tributaria; C’è l’articolo 6 che prevede l’obbligo di assicurare al contribuente l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, nonché la conoscenza di ogni fatto o circostanza da cui possa derivare il mancato riconoscimento di un credito.
C’è pure l’obbligo di non chiedere al contribuente documenti o informazioni di cui l’Amministrazione Finanziaria è già a conoscenza.

C’è pure l’obbligo di motivare tutti gli atti notificati, al fine di consentire l’impugnazione dell’atto amministrativo ricevuto. C’è l’articolo 10 che sancisce in modo inequivocabile la tutela dell’affidamento e della buona fede, affermando, in modo categorico, al primo comma, che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.

L’articolo 13, poi, prevede pure l’esistenza del “Garante del contribuente”, un organo con pochissimi poteri, un organo che se il sistema tributario funzionasse a puntino sarebbe assolutamente superfluo, ma che – comunque – fa del tutto per far rimanere nei binari della regolarità (non voglio dire della legalità) l’attività del fisco. Ora, con della legge n. 130 del 31 agosto 2022, stranamente, è stata introdotta all’articolo 6 una disposizione la quale stabilisce che “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati».

Ciò, come se non fosse già un principio costituzionale fondamentale che da sempre sia l’Amministrazione Finanziaria che i Giudici tributari non potevano assolutamente non applicare. Insomma, due norme, quella sul Garante e quelle sulla necessità di provare la pretesa impositiva, che da sole dimostrano che è lo stesso Legislatore che si rende conto delle numerose falle nel nostro sistema tributario. Eppure, anziché intervenire energicamente, con la chiarezza e la semplificazione, unitamente alla ricerca dei veri evasori, continua ad operare con i famosi “pannicelli caldi”. Ma, a prescindere da quanto fin qui detto, ci sono pure altre disposizioni non applicate o applicate malissimo. Non risulta mai pubblicata la disposizione sugli interessi fiscali, ossia quella che dovrebbe equiparare gli interessi a favore dell’Amministrazione Finanziaria a quelli a favore del contribuente. Risulta male applicata la disposizione sull’autotutela che, essendo stranamente per definizione “discrezionale”, trova dei limiti assolutamente assurdi nella sua applicazione da parte degli Uffici i quali la ritengono talvolta un’attività “contro natura”.

A tal proposito è venuto meno, per fine anticipata della precedente legislatura, un interessantissimo progetto di legge (On.le Valentina D’Orso) che prevedeva, nei casi di questioni per le quali è semplice
verificare (direi quasi “ictu oculi”) l’illegittimità dell’atto (ossia nei casi in cui si tratta di questioni espressamente previste dal comma 1 del “nuovo” articolo 12 bis – mai entrato in vigore -, che poi sono quelle che sono già indicate nel D.M. 37/97), che la presentazione dell’istanza sospendeva i termini di impugnazione dell’atto e, quando già esecutivo, sospendeva l’efficacia esecutiva dell’atto medesimo (novità importantissima); che l’Amministrazione doveva sempre rispondere alle istanze di autotutela;
che In presenza di questioni indicate al primo comma del citato articolo 12 bis, qualora l’ufficio non avesse riscontrato l’istanza del contribuente entro 90 giorni, quest’ultima si doveva considerare accolta con il “silenzio assenso”.

Lo stesso progetto di legge, ormai decaduto, prevedeva pure, per le questioni diverse da quelle “più semplici” precedentemente indicate, che il contribuente poteva presentare istanza di annullamento in autotutela, ed anche in questo caso l’Ufficio doveva essere tenuto a rispondere entro 90 giorni dalla data di ricezione dell’istanza medesima. In questo caso (si ricorda che nel diverso caso di questioni “semplici” precedentemente cennate l’istanza sospendeva i termini per ricorrere e quindi non poteva verificarsi alcuna decadenza del diritto di impugnazione), il contribuente, in caso di diniego (evidentemente diniego espresso, visto l’obbligo dell’Amministrazione di riscontrare sempre l’istanza dei cittadini), poteva impugnarlo in Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria di primo grado), sempre che non fossero trascorsi infruttuosamente i termini previsti per adire gli Organi giurisdizionali tributari per contestare l’atto originario.

Esistono poi norme, teoricamente favorevoli al contribuente, che, a causa delle difficoltà intrinseche di applicazione, come il ravvedimento operoso, spesso si preferisce non applicarle (a meno che non ci si affidi al computer). A proposito di ravvedimento operoso, per esempio, sarebbe giusto evitare i calcoli attualmente complicati, semplicemente modulando la riduzione della sanzione in base al tempo trascorso dal giorno in cui è stata commessa l’irregolarità, oltre il tributo eventualmente non pagato e
gli interessi, magari quelli legali. Per non parlare, poi, di comportamento difformi, specialmente in ambito
di tributi locali, specialmente quando in un comune si applica il principio del “cumulo giuridico” previsto dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 472 del 18/12/1997, ed in altri no, oppure quando si applica subito la sanzione in misura massima, senza tenere conto di quanto previsto dall’articolo 7 dello stesso decreto legislativo.

Insomma, una serie di situazioni che, forse anche a causa della sempre maggiore, ed ormai non più sopportabile, carenza di funzionari dell’Agenzia delle Entrate (che comunque fanno del loro meglio per svolgere la loro attività a favore dello Stato e dei Cittadini) e dei Comuni, nonché della enorme burocrazia esistente, non solo comportano per tutti gli addetti ai lavori attività che spesso diventano assolutamente impossibili da gestire (si pensi ai consulenti tenuti a controllare giornalmente il cassetto fiscale e la PEC dei loro clienti , specialmente quelli meno avvezzi all’informatica, magari solo per controllare se è pervenuta qualche lettera di compliance), ma distolgono pure, molto spesso, i contribuenti dalla regolarità fiscale, al contrario della tanto auspicata e declamata tax compliance, quella fiducia tra fisco e cittadini che, come già detto, è certamente il modo più facile e più efficace per ridurre l’evasione fiscale.

Forse sarebbe giusto seguire il consiglio di Benigni il quale, come già detto, nel corso del ricorrente Festival di Sanremo, ha sottolineato l’importanza di “scrivere”, “finalmente”, quella “pagina bianca” che i
nostri “Costituenti” hanno lasciato ai posteri per applicare, in tutti gli ambiti, compreso – evidentemente – quello tributario, con coerenza e correttezza, tutti i meravigliosi principi che la nostra Costituzione, in
modo semplice e comprensibili da tutti, prevede. “Che Dio ci aiuti. !!”.

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