La telefonata e la corsa disperata| "Arrivato lì erano già tutti morti" - Live Sicilia

La telefonata e la corsa disperata| “Arrivato lì erano già tutti morti”

Stefania Catanzaro, il marito sopravvissuto Giuseppe e il figlio Federico

La testimonianza del fratello di Stefania, una delle vittime di Casteldaccia: "Scene apocalittiche"

PALERMO – Una chiamata al cellulare, poi il tragitto in macchina da Palermo a Casteldaccia, dove ha trovato soltanto fango e distruzione. E’ il racconto drammatico di Alessandro Catanzaro, il fratello di Stefania, una delle nove vittime della furia dell’acqua nella villetta di contrada Cavallaro. La sorella, 32 anni, era la più piccola di sette figli. “Mia madre deve ancora superare la morte di nostro padre, avvenuta pochi anni fa – racconta Catanzaro davanti alla chiesa della Zisa in cui è stata allestita la camera ardente – non so come farà ad accettare la scomparsa di Stefania. Era una ragazza dolce, che si dedicava completamente al marito e ai figli. Questa tragedia ha sconvolto le nostre vite”.

Gli occhi lucidi di Alessandro Catanzaro diventano lo specchio della paura quando ripercorre quei terribili momenti: “Ad informarmi, sabato notte, è stata proprio mia madre. Qualcuno da Casteldaccia l’aveva avvisata intorno all’una, dicendole che c’era stato un incidente. Voleva venire con me a Casteldaccia, ma ho preferito andare da solo perché pioveva, era troppo rischioso. Mentre guidavo ho pensato a qualunque cosa, ma non avrei mai potuto immaginare cosa mi aspettava”.

Una volta arrivato nelle vicinanze di contrada Cavallaro, infatti, ai suoi occhi si è presentato uno spettacolo apocalittico: “Sin da subito è stato chiaro che era successo qualcosa di terribile. Acqua, fango, urla, gente che piangeva. Ho raggiunto la villetta, ma non ho visto né mia sorella, né gli altri miei parenti. Ho sperato fino all’ultimo che si trattasse soltanto di ferite, ma poi qualcuno mi ha indicato il luogo in cui si trovavano i corpi già recuperati. A quel punto si è spenta ogni speranza, mi hanno detto ‘sono morti tutti’ e non mi è rimasto che abbandonarmi al pianto”.

Al suo arrivo, inoltre, non c’erano nemmeno Giuseppe Giordano, Luca Rughoo e le due rispettive figlie. Tutti e quattro hanno avuto un destino diverso, sono i sopravvissuti alla strage. Il primo, cognato di Catanzaro, è stato travolto dalla violenza dell’acqua e trascinato fuori dall’edificio: “Sono riuscito ad arrampicarmi su un albero – ha raccontato – ho chiesto aiuto per due ore e mezza, ho assistito alla morte di tutta la mia famiglia”. Rughoo, la figlia e la nipote erano invece usciti, dopo cena, per comprare dei dolci. “Non dimenticherò mai quello che ho visto – conclude Catanzaro – quello che provo me lo ricorderà ogni giorno”.


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