La verità sui conti di Cammarata - Live Sicilia

La verità sui conti di Cammarata

Nel quinquennio 2006-2010 il costo delle società partecipate del comune di Palermo è più che raddoppiato, arrivando a quota 309 milioni di euro. Ed è aumentata anche la pressione fiscale. Ma Cammarata assicura di aver lasciato i conti in ordine e il bilancio in equilibrio...

Ma insomma, Cammarata mente o dice la verità? L’ex sindaco di Palermo ieri, in una lettera ad un quotidiano locale, ha smentito di aver lasciato i conti in rosso e ha rivendicato con orgoglio di aver lasciato la quinta città d’Italia con le casse in ordine, declinando ogni responsabilità relativamente alle società partecipate ormai al collasso. Dichiarazioni che hanno lasciato molti di stucco, specie dopo il servizio di Striscia la Notizia e la nota del Ragioniere generale che parla apertamente di dissesto e della necessità di aumentare le tasse per mantenere l’ente sano. E allora sembra spontaneo chiedersi chi abbia ragione e di chi sia la colpa.

Prendiamo quindi in considerazione l’arco temporale che va dal 2006 al 2010, un quinquennio a cavallo fra i due mandati dell’ex primo cittadino. Se è vero che i trasferimenti statali e regionali sono costantemente diminuiti, portando la spesa corrente da 850 milioni a 770, e che Palermo è una delle città meno indebitate d’Italia, è altrettanto vero che la pressione fiscale è aumentata portando il gettito da 239 a 251,8 milioni. A questo va aggiunto lo sconcertante dato delle società partecipate, che nel 2006 costavano al comune 147 milioni di euro: cifra che in cinque anni è più che raddoppiata, arrivando a 309, con una punta di 334 nel 2009. Amia, per esempio, è passata dal chiedere a Palazzo delle Aquile 80 milioni al chiederne 107, senza considerare i trasferimenti una tantum (30 milioni nel 2008 e 50 nel 2009); Amat costava 12 milioni ed è arrivata a 96; Gesip è passata da 38 a 69.

Un aumento così drastico che non può essere spiegato solo con l’inflazione o l’impennata dei prezzi dei materiali, ma che è stato causato da assunzioni indiscriminate, benefit e promozioni a pioggia, sprechi piccoli e grandi che hanno trasformato il sistema dei servizi alla città in una gigantesca idrovora capace di assorbire 300 milioni di euro l’anno. A carico, ovviamente, dei contribuenti. Ha ragione Cammarata quando dice che, fino al 2011, il comune aveva i conti in ordine e rispettava il patto di stabilità, ma è anche vero che le criticità erano tutte ampiamente annunciate e nulla è stato fatto per prevenirle. Che sia stata questa la molla che ha spinto l’ex sindaco a lasciare la poltrona?


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