L'architetto del pane - Live Sicilia

L’architetto del pane

Oggi Enrico vive in un paesino incastonato nel verde, in Abruzzo. Fa il panettiere. Ma prima...

valentina cucinella
di
4 min di lettura

E poi magari succede che ti laurei in architettura con il massimo dei voti, vieni assunto in un prestigioso studio, guadagni bene, hai successo e le donne si gettano ai tuoi piedi, ma un giorno capisci che quello che stai vivendo non è un sogno, piuttosto un gioco fatto di compromessi, amicizie e favori. E che persino il posto di lavoro te l’ha comprato tuo padre perché amico di pezzi grossi che si fanno sentire. È il sistema, ti dicono. Tu ci sei dentro e sei fortunato. Enrico se l’è sentito dire proprio da suo padre. È stata una di quelle scoperte che ti cambiano la vita. Avrebbe potuto fare finta di niente, continuare a lavorare, parlare di meritocrazia e poi sfilare per le strade in difesa della giustizia e della verità. Un po’ come fanno tutti. Ma lui non ce l’ha fatta. Ha scoperto la verità per caso, parlando con un amico. Tuo padre ti ha raccomandato, gli dice l’amico.

Enrico non ci crede. Lui, che ha studiato come un pazzo, sa che tutto ciò che ha se l’è guadagnato onestamente. Ma quando si confronta con il padre e vede la sua espressione, capisce che è vero. “Mio padre confessò di aver contribuito alla mia sistemazione – ricorda – e lo disse con un tono che mi fece rabbrividire. Come se fosse normale. In seguito, ho scoperto che il mio amico durante il colloquio – lo stesso che avevo sostenuto io – venne demotivato perché quel posto dovevano darlo al sottoscritto”. Quattro anni fa, Enrico decide di lasciare Palermo. Suo padre lo accusa di non capire che le cose stanno così, che tutti si aggiustano gli affari propri. “Mi disse che ero uno sciocco”, racconta. Talmente sciocco da cedere il suo posto all’amico, riconoscendogli più merito. Molla tutto. La scrivania, le amicizie che contano, la cravatta con la quale seduce donne disposte a ogni cosa pur di accaparrarsi un buon partito. Poi fa la valigia. E se ne va. Oggi Enrico vive in un paesino incastonato nel verde, in Abruzzo. Fa il panettiere. Si alza molto presto al mattino. “All’inizio ho dovuto fare la gavetta – dice – aiutavo il proprietario spostando ceste e pulendo il tavolo. Poi ho iniziato a lavorare la pasta”. La vita in paese è diversa. Poca mondanità, ma tanti rapporti autentici e genuini.

Ho trovato l’amore – racconta – una ragazza dolce e gentile con la quale voglio sposarmi e avere dei figli”. Con i genitori, invece, ha interrotto ogni rapporto. “Mi hanno cancellato dalla loro memoria. Sono delusi. Io non so come sarebbe stata oggi la mia vita se avessi continuato a fare l’architetto. Forse avrei una bella casa, un auto lussuosa e una donna bella, da mostrare come un oggetto prezioso. Ma sarei felice? Non ne ho idea”. Il pane gli ha insegnato molto. “Prima lo davo per scontato – ammette – un qualcosa da mettere tra i denti quando si ha fame. Invece il pane nasconde una filosofia di vita. C’è un tempo per ogni cosa e bisogna solo avere la pazienza di aspettare. Lo capisco ogni volta che aspetto che il pane lieviti e poi cuocia. Quando esce dal forno, invece, mi rendo conto se ho lavorato bene. E allora comprendo che nella vita nulla accade per caso”.

I momenti più belli sono quelli in cui il paese dorme e lui si gode il silenzio. I pensieri sono liberi di fluttuare nell’aria. In quei momenti, Enrico si sente libero. E c’è spazio anche per i bilanci, le riflessioni e i ricordi. “Della mia vita precedente non butto via niente – aggiunge – ma non ero io. Ero semplicemente il prodotto di una società malsana e corrotta. Me ne sono tirato fuori e non ho rimpianti. Certo, non voglio restare a guardare. In questo momento, c’è un livello di morale e coscienza davvero bassa. Ti guardi attorno e ti viene voglia di rinunciare a credere e a lottare. Ma non si può lasciare campo aperto ai disonesti. Arriverà un giorno in cui la coscienza di ognuno di noi si risveglierà e allora forse le cose potranno cambiare. Quando sarà il momento e mi sentirò pronto, tornerò, aprirò uno studio tutto mio e mi rimetterò in gioco”. In attesa di quel giorno, Enrico continua la sua vita da panettiere tra il silenzio, la quiete e la libertà, convinto sempre di più che se bisogna sporcarsi per forza le mani, tanto vale farlo per qualcosa di meraviglioso.


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