L'attentato a Di Matteo | "Il tritolo è a Porticello" - Live Sicilia

L’attentato a Di Matteo | “Il tritolo è a Porticello”

Il pm della trattativa Antonino Di Matteo

È nel piccolo paese di pescatori in provincia di Palermo che sarebbe stato nascosto l'esplosivo per l'attentato al pm della Trattativa. Lo scrive un anonimo che fa i nomi degli insospettabili che lo custodirebbero.

MAFIA - LE INDAGINI
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PALERMO – La ricerca del tritolo si è spostata a Porticello, frazione marinara di Santa Flavia. È lì che, così scrive un anonimo, sarebbe stato nascosto l’esplosivo che nei piani dei boss doveva servire per l’attentato al pubblico ministero Antonino Di Matteo.

La lettera – stavolta sembra che sia stata recapitata alla polizia e non in Procura – è zeppa di dettagli. Ci sono i nomi e i luoghi dove si troverebbero, tutti o in parte, i duecento chili di tritolo comprati in Calabria e trasportati a Palermo. Si parla di gente insospettabile e case come mille altre. L’anonimo è della scorsa settimana. Non si conosce ancora l’esito delle ricerche.

Un depistaggio, l’opera di un grafomane oppure c’è del vero nella missiva che si aggiunge alle dichiarazioni di Vito Galatolo? Il progetto di attentato ai danni del magistrato è stata la prima cosa raccontata dal boss dell’Acquasanta. Il primo peso che si è voluto togliere dalla coscienza. E così ha riferito che i mafiosi palermitani volevano ammazzare il pm del processo sulla Trattativa Stato-mafia. Su ordine di Matteo Messina Denaro sarebbero stati raccolti 500 mila euro per duecento chili di esplosivo.

I finanzieri e gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Palermo hanno cercato l’esplosivo ovunque li portasse un indizio. Dalla casa di campagna di Vincenzo Graziano, a Monreale, agli appartamenti di Fondo Pipitone dove vivono i Galatolo; dalla via Natale Mondo, una strada del rione Arenella, a decine di anfratti sparsi qua e là nei quartieri Vergine Maria e Acquasanta. Le ricerche si sono spinte lontano dalla Sicilia, fino ad alcuni paesi della provincia friulana dove Galatolo si era trasferito a vivere.

Del tritolo non è stata trovata traccia. Ora l’anonimo ha indicato un luogo preciso, Porticello, ed è toccato agli agenti della Squadra mobile di Palermo verificarne l’attendibilità. L’anno scorso carabinieri e vigili del fuoco setacciarono alcune zone nel comune di Ficarazzi, non lontano da Porticello, per cercare l’esplosivo segnalato, ancora una volta, con una missiva anonima recapitata all’allora procuratore Francesco Messineo e all’aggiunto Vittorio Teresi. L’autore della lettera sosteneva di essere un “un affiliato della famiglia di Alcamo”, incaricato “da due mesi” di seguire gli spostamenti del sostituto procuratore Nino Di Matteo, al centro di un progetto di attentato deciso dalle “famiglie di Palermo e Trapani”. Ricerche senza esito.

Non è la prima volta che di Porticello si parla associandolo alla ricerca di esplosivo. In fondo al mare del piccolo paese di pescatori, così raccontò il pentito Gaspare Spatuzza, era stato nascosto il tritolo utilizzato per la strage di Capaci. A custodirlo un pescatore, Cosimo D’Amato, che teneva alcune vecchie bombe dentro dei cilindri appesi ad una barca. Cilindri lunghi un metro che furono caricati in macchina e trasportati prima in una vecchia casa non lontano dall’abitazione dei genitori di Spatuzza e poi nel magazzino della ditta di trasporti per cui Spatuzza lavorava. Lì sarebbero stati smontati per prelevare l’esplosivo, macinato e lavorato fino a diventare fine come la sabbia. Si tratterebbe, secondo il collaboratore di giustizia, dell’esplosivo utilizzato per le stragi di mafia del ’92. La sua ricostruzione ha già retto al vaglio dei primi giudici. D’Amato è stato condannato a trent’anni.


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