PALERMO – Gli imputati, fra presunti componenti delle bande di spaccaossa e vittime che si prestavano al gioco sporco e doloroso, rischiano la condanna.
L’elenco degli imputati
Ci sono le richieste di pena avanzate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Francesca Mazzocco e Andrea Zoppi. Eccole: Antonino Ferrigno (3 anni e 8 mesi), Antonino Di Gregorio (7 anni e 3 mesi), Patrizia Alaimo (4 anni e 2 mesi), Gesuè Figlio (5 anni e 8 mesi), Antonino Giglio (4 anni), Giovanni Napoli (8 anni), Girolamo Bonanno (2 anni), Ermanno Campisi (3 anni e 8 mesi), Emanuele Di Mattei (5 mesi), Giuseppe Di Piazza (2 anni), Rosalia Maria Farina (5 mesi), Alberto Alessio Fricano (1 anno), Emanuela Gallano (4 anni), Simone Marfia (2 anni e 8 mesi), Giovanni Moncada (1 anno e 2 mesi), Francesco Paolo Sanzo (5 anni e 2 mesi), Francesco Tumminia (5 anni e 2 mesi), Rita Mazzanares (4 anni e 4 mesi).
Due bande di spaccaossa
Sulla base delle indagini i poliziotti, finanzieri e agenti della polizia penitenziaria ci sarebbero stati due bande di “spaccaossa” guidati rispettivamente da Antonino Di Gregorio (che ha confessato) e Giovanni Napoli. Non è il primo processo che si celebra a Palermo (leggi le precedenti 36 condanne). Il racconto di Di Gregorio era un viaggio nell’orrore (leggi: “Si faceva la bella vita”).
Reclutavano disperati
Gli “spaccaossa” avrebbero reclutato le persone disposte a farsi spezzare gambe e braccia per incassare gli indennizzi delle assicurazioni. Centinaia i falsi incidenti per un giro di affari milionario. Una sera al pronto soccorso c’erano contemporaneamente sette infortunati. Ad accompagnarli un membro della banda, attento a verificare che tutto filasse liscio.
Le vittime-complici dei falsi incidenti venivano adescati fra gli sbandati che si aggirano di notte alla stazione centrale o frequentano le bettole per ubriacarsi. Il più delle volte hanno finito per essere anche truffati. Dei soldi promessi hanno incassato gli spiccioli, neppure sufficienti per comprare i farmaci ed alleviare il dolore delle fratture provocate con grosse pietre. In molti hanno ammesso le loro colpe. Per mesi sono stati chiamati alla squadra mobile o negli uffici della finanza. Una sfilata di persone zoppicanti che giungevano sorretti da qualcuno o reggendosi sulle stampelle.
“Avevo altri debiti”
C’era chi si era fatto prestare del denaro e non ha potuto più restituirli. “Avevo altri debiti”, raccontò. E arrivò la proposta degli spaccaossa “di farmi rompere un braccio o una gamba per saldare il mio debito”. Lo condussero in un appartamento a Borgo Nuovo e qui “mi hanno fatto mettere per terra, a pancia in giù, e mi hanno scaraventato sul braccio un mattone di tufo di colore giallo. Io sono quasi svenuto dal dolore”.
C’era il disoccupato a cui diedero appuntamento in una “casetta di campagna a Bagheria” e “con un peso da palestra mi hanno fratturato tibia, perone, malleolo e radio così come eravamo rimasti”.
“Mi hanno offerto tre birre, poi…”
C’era la donna avvicinata al bancone di un bar dove “mi hanno offerto tre o quattro birre, poi mi hanno fatto fumare almeno quattro spinelli”. Poi, le spezzarono gli arti inferiori e superiori. “Il primo piano e il secondo piano”, li definivano. Almeno lei ebbe la fortuna che “mi ha fatto due punture, una nel braccio destro e l’altra nella gamba sinistra”. Era un anestetico, probabilmente trafugato in ospedale grazie alla complicità e alle amicizie di infermieri.
C’era la ragazza, che tutti chiamano “la milanese”, “una vagabonda che avevano trovato alla stazione e che si tenevano a casa in attesa di fratturarla”. Era in lista di attesa, così come un ragazzino di sedici anni, e pronti a mettersi a disposizione delle bande di spaccaossa.