Le pecche della sanità siciliana | (e di altre regioni inadempienti) - Live Sicilia

Le pecche della sanità siciliana | (e di altre regioni inadempienti)

La denuncia del Tribunale del malato
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Sul fronte della lotta alle liste di attesa le regioni tardano a mettersi in regola con quanto prevedono le normative nazionali. E’ quanto emerge dall’indagine dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, realizzata dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. Dalla ricerca emerge che sono 7 le regioni ancora inadempienti sull’istituzione dei Cup regionali (Recup): si tratta di Abruzzo, Campania, Calabria, Liguria, Piemonte, Sicilia e Veneto. Le regioni si differenziano anche per il numero di prestazioni per le quali hanno stabilito tempi massimi di attesa: si va dalle 125 prestazioni del Piemonte, le 101 della Provincia autonoma di Bolzano e le 100 di Lombardia e Provincia autonoma di Trento, alle situazioni negative di Abruzzo, Calabria, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana ed Umbria che ne hanno definito soltanto 33. Inoltre, i piani regionali di contenimento dei tempi di attesa sono ancora in stand by in numerose Regioni, nonostante la scadenza ultima per presentarli fosse quella del 30 luglio appena trascorso: ad oggi Calabria, Lazio, Basilicata, Piemonte e Sicilia sono inadempienti, nonostante le ultime tre ne avessero anche annunciato la pubblicazione. “Il federalismo è troppo spesso utilizzato come un alibi: le differenze strutturali esistenti tra le Regioni sono state di fatto legittimate, giustificandole come inevitabili”, ha spiegato Francesca Moccia, coordinatrice Tdm, aggiungendo che “non ègiustificabile che in alcuni territori sia data per scontata la violazione sistematica di alcuni diritti fondamentali come l’equità e l’universalità”.

Non tutti i cittadini nel nostro Paese hanno eguale accesso ai farmaci per la cura del tumore. Ci sono Regioni, come Molise, Basilicata e Valle D’Aosta, che non includono alcuni farmaci antitumorali nei prontuari regionali, rendendoli di fatto inaccessibili ai cittadini; mentre ce ne sono altre, in primo luogo Umbria, Veneto, Molise ed Emilia Romagna, che pongono delle limitazioni all’uso di alcuni farmaci rispetto a quanto indicato dall’Aifa; e altre ancora, prevalentemente Puglia ed Emilia Romagna, dove alcuni farmaci sono erogati solo su richiesta motivata personalizzata. E’ questo lo scenario a macchia di leopardo che emerge dall’indagine dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, realizzata dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva e presentata oggi a Roma. In sostanza, quello che emerge dalla ricerca è che quando si parla di rete oncologica non tutti i cittadini hanno eguali diritti. Questo non vale solo per l’accesso ai farmaci ma anche per la prevenzione e la lotta al dolore, aree in cui si registrano le maggiori differenze nelle cure oncologiche garantite dalle Regioni, con livelli di offerta molto deboli soprattutto in alcune zone del Sud. Sul tema della prevenzione, ad esempio, Liguria, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna riescono a coinvolgere nei programmi di screening contro il cancro alla cervice uterina, mammella e colon retto una fetta di popolazione residente inferiore rispetto allo standard definito dal ministero della Salute. Mentre si distinguono positivamente Toscana, Veneto, Emilia Romagna ed Umbria.

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