"Le scrivo da fratello a fratello | Presidente, giustizia per Daniele" - Live Sicilia

“Le scrivo da fratello a fratello | Presidente, giustizia per Daniele”

La famiglia di Daniele (ai lati, le sorelle, al centro il fratello Vito, accanto al padre e alla madre)

Questa è la foto di una famiglia che non vuole rassegnarsi al lutto, alla morte terribile e ingiusta di Daniele Discrede, assassinato il 24 maggio scorso. Il fratello ha scritto una lettera con una sola destinazione: il Quirinale. E l'ha scritta per ottenere giustizia.

PALERMO- Un anno non ha cancellato nemmeno una ferita. Sono tutte aperte. E sanguinano.
“Eccellentissimo Presidente Mattarella, mi chiamo Vito Discrede, Suo concittadino, che Le scrive, con la speranza nel cuore e con una richiesta di giustizia sulle labbra, per  rappresentarLe una storia, che tanti anni fa anche Lei ha vissuto negli aspetti più dolorosi. La sera del 24 maggio dell’anno scorso, mio fratello Daniele è stato ucciso nel corso di una rapina, mentre chiudeva la propria attività commerciale nel quartiere di Passo di Rigano, davanti gli occhi spaventati e inorriditi della propria figlia, di appena sette anni. Presidente, Lei sa cosa significhi improvvisamente essere catapultati in una tragedia simile e ha vissuto anche lo stravolgimento intimo e sostanziale che le famiglie dei congiunti subiscono e vivono dopo un tale brutale evento…”.

Vito scrive lettere, perché non è rimasto altro da fare: scrivere contro il silenzio che ha congelato la speranza di ricevere giustizia. Vito Discrede – fratello di Daniele, commerciante morto ammazzato in un silenzio di ghiaccio, come se fosse una cosa normale – ha scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E presto spedirà il suo messaggio in busta. Gli ha scritto da palermitano a palermitano, da chi sa a chi sa quanto siano disperate le mutilazioni che Palermo infligge. Gli ha scritto da fratello a fratello, perché le storie si somigliano. Piersanti, assassinato dalla mafia. Daniele, spento da mano ignota per rapina. Ma il dolore è lo stesso. Sovrapponibili sono le tragedie di quei mancati rientri a casa. Solo che per Daniele Discrede non c’è un’ombra di verità.

Allora, si scrivono lettere, parole contro l’iceberg che ha fracassato una famiglia. Una è stata inviata al procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi: “A distanza di quasi un anno gli inquirenti ci continuano a dire attraverso il nostro legale che le indagini continuano, che il caso è alla massima attenzione ma che è difficile e tortuoso. La nostra fiducia negli inquirenti è sempre stata coriacea, la nostra disponibilità totale anche se il tempo passa e logora….”.

E’ un logoramento brutale. A far soffrire di più è la progressiva omertà del cordoglio. All’inizio, a lutto ancora caldo, fioriscono promesse, si prendono impegni inderogabili, si assicurano certezze, si asciugano le lacrime. Ma tutto evapora in un’afa di dimenticanze. Palermo è così. Ha sogni e ricordi impagliati. Ha cadaveri disseminati che non contano più e antichi misteri che non sono mai stati risolti. Al peso della perdita, si aggiunge il sovrappeso di non sapere nulla. Mai.

La mamma di Daniele, la signora Angela, lo scorso Natale si fece coraggio, tentò un appello pubblico. Parlò nel salotto della sua casa, lì dove i ricordi dei figli piccoli non abbandonano mai l’albero che cresce. “Se qualcuno sa quello che è successo, se qualcuno conosce la verità – disse questa madre, orfana di suo figlio – è arrivato il momento di raccontarla. Vi prego, vi scongiuro. Anche in forma anonima, anche con un sms, con una lettera. Ci sono due bambine, pensate alle due bambine”. Nessuna risposta è venuta dai vicoli di Palermo impagliata, non un lumino si è acceso nel buio. L’ultima speranza è la lettera a Sergio, il presidente di tutti. Perché conosce la forma che ha un cuore spezzato.


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