Le sorprese di Saro | per la Pasqua dei siciliani - Live Sicilia

Le sorprese di Saro | per la Pasqua dei siciliani

E' la prima Pasqua da governatore per Crocetta. E a cinque mesi dalla sua elezione si può tentare di tracciare un primo bilancio della sua esperienza di governo. Tra annunci, colpi mediatici, segnali di cambiamento e spregiudicate operazioni politiche.

A cinque mesi dalla sua elezione a Palazzo d’Orleans, Rosario Crocetta festeggia la sua prima Pasqua da governatore. E dopo questo primo scorcio di legislatura, si può forse cominciare, con tutta la prudenza del caso, a tracciare un primo bilancio della sua esperienza di governo. Si può provare, insomma, a capire che tipo di sorpresa si ritrovano dentro l’uovo di Pasqua i siciliani quest’anno, guardando alle prime mosse del governatore venuto da Gela.

Rosario Crocetta è senz’altro un personaggio ingombrante. Un politico sui generis dalla indiscutibile efficacia mediatica. Basta contare le sue innumerevoli ospitate alle più ambite trasmissioni televisive nazionali per farsene un’idea. Il presidente gay e già comunista, cattolico e rivoluzionario, esuberante ma innamorato della poesia, è senza dubbio un personaggio che incuriosisce, attira, fa discutere. Ed è questa la prima forza del governatore. A cui si associa una certa astuzia politica e mediatica di cui Crocetta ha dato sfoggio con efficacia in questi suoi primi mesi, riuscendo a ribaltare a suo favore situazioni di difficoltà o clamorosi scivoloni. E dando prova di saper fiutare meglio degli altri l’aria che tira e di interpretare gli umori dell’elettorato riuscendo a parlare alla pancia della gente più e meglio di abili demagoghi in grande spolvero. Insomma, Crocetta ha scompaginato la scena, spiazzando i partiti, vestendo i panni di un’autentica anomalia di sistema alla Matrix, come scrivemmo qualche tempo fa.

Accanto a questo fiuto da politico di razza, Crocetta ha però mostrato anche una dose di spregiudicatezza politica quasi inquietante, che turba gli osservatori e gli stessi alleati. Quella spregiudicatezza che, ad esempio, il governatore ha esibito nel benedire la clamorosa e spudorata operazione di trasformismo politico che ha portato alla transumanza nella sua maggioranza di un plotone di cambiacasacca a meno di tre mesi dalle elezioni. Uno spettacolo indecoroso che a un Raffaele Lombardo sarebbe costato il linciaggio mediatico. A Crocetta no. A Saro si perdona ogni peccato, in nome della religione rivoluzionaria. Sì, perché la retorica della rivoluzione e del cambiamento, brandita con sapienza dall’abile comunicatore Crocetta, sa “coprire tutti gli imbrogli” come i soldi di una vecchia canzone siciliana.

Il cambiamento è il ritornello che da cinque mesi i siciliani ascoltano quotidianamente. E proprio come certi tormentoni estivi, il motivetto ti entra in testa e ti rimane. Facendo dimenticare tutto il resto, tutti quei segnali di oggettiva continuità col passato poco esaltante della Regione. Per esempio la disinvoltura con cui il governatore ha inserito in giunta la bellezza di tre assessori già cuffariani doc. O con la quale ha mantenuto al suo posto il capo della burocrazia regionale, l’esterna Patrizia Monterosso, già lady di ferro del Palazzo lombardiano. O l’aver lasciato l’assessorato alle Attività produttive, in perfetta continuità con il suo predecessore Lombardo, alle cure della Confindustria nissena, a cui quel posto pare spettare per volere divino un po’ come il Viminale toccava di diritto ai democristiani negli anni della Prima repubblica. O l’essersi fatto capopartito, scelta che ci sarebbe piaciuto non dover registrare, dopo i precedenti della scorsa legislatura (quei santini del Megafono nelle mani dei lavoratori Gesip alla vigilia del voto restano una pagina da dimenticare).

A Crocetta tutto si perdona. In nome del cambiamento, certo. Ma anche della speranza. Di quel clima di speranza in un futuro diverso che, piaccia o meno, il governatore sembra essere riuscito effettivamente a creare attorno a Palazzo d’Orleans. Crocetta è riuscito nell’impresa, non da poco, di calamitare sulla Sicilia un’attenzione in positivo da parte dei media, di intraprendere un percorso di riscatto della vituperata immagine della Regione. Certo, i suoi detrattori gli contestano che dietro i roboanti annunci, dietro i proclami gridati ai quattro venti, spesso si nasconda il nulla. Ma su questo solo il tempo potrà dire chi ha ragione.

Di certo, alcune mosse del governatore sembrano essere andate verso la direzione della novità. Dalla riforma delle Province alle rotazioni, fino alla stretta alla “manciugghia” della formazione, il governo regionale ha dato l’impressione di voler effettivamente cambiare uno status quo incancrenito e moribondo. Legittimo, però, è il sospetto che dietro ogni cambiamento possa celarsi una fregatura. Solo fra un anno o più, scopriremo, ad esempio, se abbiamo mandato in soffitta nove province per ritrovarci magari venti consorzi di Comuni. Ma per quello toccherà aspettare il futuro. Guardando al passato, invece, si può rimproverare al governatore una certa dose di irruenza, delle sbavature di forma che diventano sostanza, che hanno accompagnato decisioni condivisibili nel merito ma forse discutibili nel metodo. Come certe dichiarazioni che hanno accompagnato le sacrosante rotazioni ma che hanno portato a creare un clima di criminalizzazione generale dei regionali. Qualcosa di analogo era successo con il siluramento dell’ufficio stampa, decisione legittima (con tanto di timbro della magistratura) ma maturata in una sgradevole atmosfera da caccia alle streghe. Più efficace è sembrata la gestione della pratica Muos, in cui Crocetta, al di là del merito della complessa questione, ha mostrato decisione, assicurandosi il plauso dei grillini (Crocetta fin qui sembra essere l’unico politico italiano in grado di interfacciarsi proficuamente con il Movimento 5 Stelle, primato notevole che a potrebbe proiettarlo in uno scenario politico nazionale) e non solo.

Eppure, al netto delle uscite maldestre e delle sparate infelici, Crocetta se l’è cavata, anche in contropiede. Come nella vicenda Battiato-Zichichi, un fallimento politico in piena regola delle sue scelte, che con una dose sapiente di astuzia politica il governatore ha chiuso strappando persino gli applausi del Palazzo.

Adesso, il governatore e la sua giunta sono chiamati a una prima grande prova della verità. Aprile sarà il mese dell’approvazione di Bilancio e finanziaria, e sarà lì che lo spirito di cambiamento dell’era Crocetta si potrà pesare su scelte concrete. I soldi non ci sono più e questo impone scelte politiche drastiche, per chiudere il rubinetto di sprechi e clientele e provare a rianimare gli agonizzanti comparti produttivi dell’Isola. Sarà questo il primo vero banco di prova per Crocetta, la sua giunta e la sua maggioranza. Certo, la campagna elettorale di solito non è un buon viatico per scelte coraggiose. Riuscirà l’anomalia di sistema Saro a stupirci?

twitter: @salvotoscano1


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