Scriviamo con un telefonino la cronaca di un giorno che Palermo non dimenticherà mai. È l’una. Sulla Missione di via Decollati splende un sole invernale che ha dissolto le nuvole della mattina.
Biagio Conte vive le fasi del suo addio terreno.
Si entra a poco a poco nella stanza che lo ha accolto. Si può pregare.
La porta si schiude per un attimo. Dall’esterno, dal corridoio che raccoglie lacrime e preghiere, si scorge il viso del missionario laico. Biagio Conte sembra addormentato. Proprio come nei giorni scorsi, quando ancora respirava sempre più piano. La sua espressione smuove una sensazione di pace.
Lo dicono pure quelli che escono: “Pare nel sonno. Quanto è bello Biagio”. Un piccolo viavai continuo è quello a cui si assiste. Dall’interno si odono canti di chiesa. “Dolce sentire come nel mio cuore”.
C’è Fadil, ragazzo sudanese, che fu ospitato e che diede ricovero a Biagio Conte, durante un pellegrinaggio, dopo il suo trasferimento in Inghilterra. Ora è qui, in lacrime.
All’una ecco le sorelle del missionario che escono dalla stanza. Hanno un compito gravoso. Dovranno informare i genitori della morte del figlio. Sono molto anziani, sarà necessaria tanta amorevole cautela.
Nel corridoio ecco Francesco, il medico volontario. “Le ultime parole di Biagio sono il suo testamento – dice – ci ha invitato a non perdere la speranza”.
