Brusca, ora cambi vita e forse sarà perdonato

Brusca, ora cambi vita e forse sarà perdonato

Un crudele criminale ha lasciato la sua cella con il peso del sangue versato. Cosa l'aspetta adesso?
LA LIBERAZIONE DEL BOSS
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2 min di lettura

Giovanni Brusca, (o comunque si chiami adesso),

La sua scarcerazione ha riproposto l’estrema divaricazione tra legge e sentimento. Il dato giuridico che le ha spalancato i cancelli del carcere di Rebibbia cozza contro il cuore straziato dei parenti delle sue vittime e di tutti i siciliani. I primi non la perdoneranno mai per avergli strappato persone che amavano, tutti noi non le perdoneremo mai il suo profilo sanguinario di carnefice. Come si fa a decretare la morte di un bambino e continuare a vivere? Eppure, chi non conosce la frase sprezzante: “Allibertativi ru cagnoleddu”, liberatevi del cagnolino con cui lei decretò la morte del piccolo Giuseppe Di Matteo? La sua ‘colpa’? Avere come padre Santino, collaboratore di giustizia. Quasi ottocento giorni di prigionia, prima dello strangolamento e di un corpicino disciolto nell’acido.

Chi c’è stato, in quel casolare della prigionia, ora giardino della memoria, non dimenticherà mai l’aria di dolore che si respira e l’infamia del buco (nella foto) in cui fu tenuto un bambino. Tipico di chi non rispetta né cristiani, né cani, di chi odia l’umanità in ogni sua forma. Infatti la chiamavano lo ‘scannacristiani’. E, certo, c’entra la mafia. Ma uno deve pure avere, a prescindere, un pozzo nero nel cuore per commettere le orrende azioni di cui si narra.

Lei ha dunque pagato il suo conto con la giustizia degli uomini, in base a un evidente scambio: tu ci aiuti ad approfondire, a svelare i retroscena, a chiarire, noi ti garantiamo che, un giorno, potrai costruire il futuro che hai negato alle tue vittime. Così è stato. E adesso? E adesso c’è la vita da uomo libero. Lei Brusca, come la vorrà trascorrere?

Due sono le strade. Potrà comportarsi come un pluri-omicida che ha concluso un affare e che non deve più niente. Tanto ho dato, tanto ho preso. Saluti. Oppure potrà porsi il problema della sua vita e della sua morte – perché, sa, tutti dobbiamo morire – e farsi una domanda: come impegnerò il tempo che rimane? Le diamo un consiglio non richiesto, chissà se utile. Con il suo incognito, con la sua identità segreta, cominci a diffondere il bene. Sia di conforto agli anziani di un ospizio. Aiuti i bambini soli, bambini come quello di cui lei ha decretato il martirio. E lasci scritto da qualche parte il suo testamento.

In modo che qualcuno, domani, il più tardi possibile, quando lei avrà chiuso gli occhi, potrà leggere: “Io ero Giovanni Brusca. Ho fatto tanto male di cui sono pentito. Non posso riparare al dolore che ho seminato, ma ho provato a dare un senso finale, benché in grave ritardo. Ho aiutato i derelitti, ho dato da mangiare agli affamati, ho soccorso i deboli. Chiedo perdono a tutti”. Forse, allora, tra mille anni, sarà perdonato. In ogni caso, ne sarà valsa la pena.


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