PALERMO – Tutti rinviati a giudizio. Il processo sullo scandalo che ha travolto il Ciapi di Palermo inizierà il prossimo 4 marzo davanti alla quarta sezione del Tribunale.
Sul banco degli imputati, su decisione del giudice per l’udienza preliminare Gugliemo Nicastri, si presenteranno Faustino Giacchetto, l’uomo che, secondo l’accusa, avrebbe pianificato un sistema illecito per gestire a suo piacimento, grazie alla presunta compiacenza di imprenditori, burocrati e politici, quindici milioni di euro destinati alla comunicazione del progetto Co.Or.Ap; Stefania Scaduto e Concetta Argento (rispettivamente segretaria e moglie di Giacchetto), l’ex dirigente dell’Agenzia regionale per l’impiego Rino Lo Nigro, e l’ex assessore regionale Luigi Gentile.
Stralciate le posizioni dell’ex presidente del Ciapi, Francesco Riggio, per un difetto di notifica – la valutazione passa a un altro giudice – e quella dell’esponente del Pid, Domenico Di Carlo. In quest’ultimo caso l’avvocato Rosalba Di Gregorio ha chiesto l’abbreviato che sarà discusso il prossimo 6 febbraio. Una richiesta accompagnata da una copiosa documentazione che, non solo, a detta dei legali, dimostra che Di Carlo nulla ha avuto a che fare con il Ciapi, ma che scagionerebbe l’indagato. Dell’inchiesta faceva parte anche l’ex assessore Gianmaria Sparma che ha scelto di patteggiare un anno e sei mesi di carcere.
Le accuse sono, a vario titolo, associazione a delinquere, corruzione, truffa e falso in atto pubblico. La Procura aveva chiesto il rito immediato per gli indagati. Riteneva, infatti, di avere raccolto prove talmente evidenti da potere chiedere subito il processo. Di diverso parere era stato il giudice per le indagini preliminari, Cesare Vincenti, secondo cui, il reato di associazione sarebbe stato commesso in concorso con altri indagati per i quali non era arrivata la richiesta di immediato. Il Gip non ritenne ragionevole la separazione delle posizioni.
Nonostante il no all’immediato del Gip, i pubblici ministeri Maurizio Agnello, Sergio Demontis, Gaetano Paci, Alessandro Picchi e Piero Padova, non avevano cambiato l’impostazione accusatoria: il processo poteva essere celebrato per i sette indagati indipendentemente dalle altre posizioni ancora aperte. Ora il rinvio a giudizio per cinque di loro.