L'irruzione nel covo del latitante |La fuga finisce dietro il mobile - Live Sicilia

L’irruzione nel covo del latitante |La fuga finisce dietro il mobile

I retroscena del blitz che ha portato alla cattura di Antonino Musumeci, volto storico del clan Cappello.

CATANIA – Non ha avuto nemmeno il tempo di consumare la sua ultima cena da uomo libero. Erano circa le sette di sera quando Antonino Musumeci ha sentito i poliziotti entrare nel suo appartamento al piano terra di uno stabile di via Della Concordia angolo via De Lorenzo ed ha capito di essere spacciato. Nonostante questo però ha fatto l’ultimo tentativo. Si è nascosto dietro un mobile. Inutile. I poliziotti lo hanno trovato in una manciata di minuti e lo hanno ammanettato. Indossava una felpa grigia con il cappuccio. Così “Nino Epatite” ha lasciato il quartiere San Cristoforo, dove si era nascosto per oltre quattro mesi.

La zona era stata blindata dai poliziotti della sezione Catturandi della Squadra Mobile, diretti da Antonio Salvago. Hanno chiuso ogni via di fuga e poi hanno fatto irruzione nella sua casa, trasformata nel covo da latitante. Dopo la cattura è stato accompagnato negli uffici di via Ventimiglia dove gli hanno notificato l’ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Catania. Poi è stato trasferito al carcere di Bicocca,  dove ha già trascorso due notti.

Le indagini per catturarlo sono partite a fine settembre. I vertici del carcere di Caltagirone hanno segnalato all’autorità giudiziaria che il 46enne, detenuto in regime di semilibertà, non è rientrato. A quel punto la Squadra Mobile ha avviato le ricerche che hanno portato a localizzare il nascondiglio del latitante. La polizia ha pianificato nei minimi particolari l’irruzione nel palazzo nel cuore di San Cristoforo, a pochi passi dalla trafficata via Della Concordia e dalla parrocchia Le Salette di Catania.

Musumeci è un volto storico del clan Cappello. Il suo nome è finito negli anni ’90 nell’elenco degli indagati del maxi blitz Titanic che permise di affondare gli affari di droga ed estorsioni che la cosca aveva messo in piedi in quel periodo di fuoco a Catania.

Nel suo curriculum criminale c’è anche un omicidio: quello di Antonino Bracciolano, freddato il 4 gennaio 1995. Gli atti dell’inchiesta Murder hanno raccontato di un regolamento di conti all’interno dello stesso clan. Bracciolano è stato giustiziato in una segheria in via Garozzo. I killer hanno sparato con un fucile caricato a pallettoni. Diversi colpi alla testa. Bracciolano avrebbe avuto la colpa di osteggiare la scalata al potere di Gaetano La Guzzi nel quartiere San Cristoforo.

 


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