PALERMO– “La mafia mi ucciderà ma saranno altri a volerlo”. Una delle frasi più incisive estrapolate dai discorsi di Paolo Borsellino alla moglie Agnese prima di essere ucciso, ha dato il titolo all’incontro che si è svolto alla facoltà di Giurisprudenza nel ventunesimo anniversario della strage di via D’Amelio.
Una frase sottolineata, nel corso del dibattito organizzato dall’associazione Falcone e Borsellino, da Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo. “Quelle parole indicano la consapevolezza che Paolo aveva. Sapeva che sarebbe stato una vittima della storia del proprio Paese. La mafia – ha detto Scarpinato – ha sempre camminato insieme alla lotta per il potere, la mafia non è soltanto Riina o Provenzano. Ma il fatto è – ha continuato – che parlare di questo binomio sembra quasi scabroso. E’ come se si trattasse di un argomento da tenere confinato nel recinto dei processi, da riservare ad un pubblico adulto. La mistificazione invece riduce il fenomeno, non sottovalutando la rimozione che avviene nel corso delle cerimonie, delle celebrazioni che accantonano tutti gli elementi che coinvolgono il settore del potere. Per fare un esempio, è come se i Promessi Sposi fossero scritti soltanto con i “bravi”, cancellando don Rodrigo che è invece l’artefice di tutto. Si viene a creare, insomma, una sorta di amnistia dei reati del potere”.
“Anche per questo ho rinnovato ad Agnese, prima che ci lasciasse, la promessa che feci a Paolo, davanti al suo corpo carbonizzato: costi quel che costi – ha concluso Scarpinato – riusciremo a strappare le maschere al volto degli assassini”.
Presente anche l’ex pm Antonio Ingroia: ”Quello sulla trattativa è un processo storico, nel quale ancora tutta la verità può emergere, ma oggi lo Stato quella verità sembra non volerla. Bisogna comunque aspettare di leggere le motivazioni della sentenza appena emessa che ha determinato l’assoluzione del generale Mori – ha aggiunto Ingroia -. Forse, la trasmissione degli atti può voler dire che solo una parte delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino non sono considerate attendibili, ma non tutte”.
‘‘Oggi si sono perse tante occasioni per sapere la verità sulle stragi – ha concluso Ingroia – e Agnese Borsellino è morta prima di avere la soddisfazione di conoscerla tutta”. All’incontro con i magistrati, anche l’intervento del sindaco Leoluca Orlando: “L’agenda rossa di Paolo Borsellino non era pericolosa soltanto per chi era al Governo ai tempi della strage di via D’Amelio ma perché ancora oggi uomini al potere hanno paura della verità”.