Locali aperti e 'chiavi al sindaco' | La protesta di ristoranti e pub - Live Sicilia

Locali aperti e ‘chiavi al sindaco’ | La protesta di ristoranti e pub

Alcuni dei locali che a Palermo partecipano al flash mob

Nel capoluogo siciliano oltre 300 adesioni al flash mob

CORONAVIRUS
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5 min di lettura

PALERMO – Le saracinesche cominciano ad alzarsi, le luci accese catturano l’attenzione da lontano: stasera sembra quasi di riassaporare la normalità, ma è solo apparenza. In realtà è in atto una protesta e nessuno, a parte i proprietari, può entrare nei locali dove fino a ‘ieri’ trascorreva il tempo libero. Diverse centinaia di ristoratori e titolari di pub siciliani infatti hanno deciso di partecipare all’iniziativa nazionale ‘#RisorgiamoItalia’, aprendo i propri locali (simbolicamente e non al pubblico) per manifestare contro misure economiche e amministrative considerate non idonee ai loro settori; solo a Palermo si contano più di trecento adesioni. L’iniziativa nasce dal Mio, Movimento imprese ospitalità, che raggruppa oltre venti associazioni italiane. Un vero e proprio flash mob in scena ufficialmente dalle 21 fino a mezzanotte circa, per dire al governo nazionale e agli enti locali: “Ci siamo anche noi e vogliamo risposte”. Le criticità riscontrate sono tante, ma sarebbero anche maggiori i costi da sostenere e le paure. Come quella, palpabile, che anni di sacrifici possano andare buttati al vento nel prossimo periodo di convivenza col coronavirus.

Così il centro storico di Palermo sembra riprendere vita, anche se solo per qualche oraA fare da ‘ponte’ fra gli organizzatori nazionali e le attività del capoluogo è stato Salvo Longo, del ristorante Salmoriglio: “È stata una soddisfazione vedere che dopo soli due giorni avevamo già superato le duecento adesioni – racconta –. Purtroppo chi scrive i decreti non ha la benché minima idea di cosa significa essere un ristoratore, leggiamo di oltre quattrocento esperti a supporto del governo ma non sembra che a quei tavoli ce ne sia uno del nostro settore. Un esempio? Si parla di pareti in plexiglass fra i tavoli quando la nostra attività si fonda sulla convivialità… Così la gente preferirà rimanere a casa”. Da qui il messaggio della protesta di stasera, che Longo riassume così: “Se le cose non cambiano, è meglio consegnare le chiavi. E lo faremo domani: riuniti in una piccola delegazione, in maniera del tutto pacifica e rispettando le norme anti-Covid, simbolicamente porteremo le chiavi delle nostre attività al sindaco di Palermo”.

A pochi metri da Longo c’è Gaetano Romeres, la cui famiglia gestisce il ristorante Casa del Brodo da oltre un secolo: “Noi intendiamo la ristorazione come socializzazione, interazione, convivialità – ribadisce – e queste cose verranno completamente a mancare. Come si può affrontare un calo fino al 70 per cento in modo indolore, mantenendo lo stato occupazionale e coi costi giornalieri per mantenere aperta l’attività? Non così. Non vogliamo necessariamente soldi, ma garanzie su tassazione e sburocratizzazione”. Al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, giungeranno proposte che Romeres definisce “in linea coi suoi poteri: sospensione dei tributi comunali (Tosap e Tari) a tempo da definirsi; concessione gratuita del suolo pubblico a tutte le attività che ne abbiano la possibilità; rateizzazione delle bollette da pagare alle aziende partecipate del Comune. Ma anche gli affitti: c’è chi paga cinque-seimila euro al mese per singola attività commerciale. Noi proporremo un taglio del 50 per cento dei canoni di locazione in virtù di concessioni e sgravi, da offrire non a noi locatari, che liquidità non ne abbiamo, ma ai locanti stessi”.

Le storie dei manifestanti sono tante e diverse fra loro. Come quella di Florinda Ciotta e del socio Danilo Marcantonio, che hanno inaugurato il Kamine’ Cucina & Drink Lab a dicembre 2019. “Ultimamente avevamo iniziato a ingranare e regolare i crediti – dicono – ma con questa chiusura forzata ci ritroviamo ad aver investito soldi totalmente a vuoto. Riaprire significa tornare a parlare di affitti, utenze da pagare, spese legate ai dipendenti. In più – aggiungono – noi che siamo una realtà nuova non possiamo nemmeno accedere alla liquidità dei fondi statali: uno dei requisiti è presentare il bilancio 2019, ma in quell’anno il locale nemmeno esisteva. O si riapre per bene o si resta chiusi, la manifestazione si rende necessaria perché stiamo rivendicando i nostri diritti”.

Sanificare continuamente i locali, digitalizzare i menu, stravolgere gli spazi e guidare la clientela in una ‘nuova vita’: il compito non riguarda solo i ristoranti, e per questo si sono alzate anche le saracinesche dei pub. Come il Chiasso di Giovanni Chiossone: “Secondo le norme potrei fare entrare solo tre persone alla volta – spiega – quindi mi dovrò adeguare e avrò un calo certo del fatturato; però i costi sono gli stessi, le tasse sono state semplicemente rimandate e attualmente i fondi stanziati non sono a fondo perduto ma dei prestiti: i soldi finiranno tutti pagando quello che in questi mesi non eravamo riusciti a pagare”. Sulla gestione degli spazi in zone ad alto rischio di nuovi contagi come il centro storico di Palermo, Chiossone invita a “essere realisti: dopo tanti mesi di chiusura in casa sarà inevitabile un affollamento delle piazze; e come si farà a regolare i flussi di persone quando si muoveranno fuori dai locali? Di chi sarà la responsabilità? E poi, riguardo ai costi, come faranno i titolari di grandi attività ad affrontare tutte le loro spese se i clienti saranno dimezzati o anche peggio?”.

Stanotte, finita #RisorgiamoItalia, le saracinesche si abbasseranno e rimarranno i dubbi irrisolti. “Ma avremo comunque colto un’occasione preziosa, nata dal basso e senza far capo alle associazioni di categoria – commenta Francesco Carnevale del ristorante Balata –. Vogliamo aprire un dibattito sul destino di un settore straordinariamente importante, che ha un indotto enorme, ma di cui si discute poco e male. Il presidente Conte ha parlato di riaperture il primo giugno ma non ci ha detto come riapriremo: che procedure devo adottare? Quando? Posso usare il suolo pubblico? Mi servirà il plexiglass? Va benissimo la data ma ci serve pianificazione, soprattutto degli investimenti. Chi ha coraggio e possibilità di riaprire va messo nelle condizioni, e le misure attuali sono importanti ma non sufficienti”. Ecco perché, riassume il ristoratore, “c’è bisogno del fondo perduto, di frenare l’emorragia delle tasse, di piani strategici per incentivare turismo e mobilità locale. E non ci sembra se ne stia discutendo. Così apriamo noi la discussione e poi consegniamo le chiavi al sindaco, prima che si passi dall’epidemia alla carestia”.


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