Facebook e l'onore mafioso| Punizione per l'amicizia "rifiutata" - Live Sicilia

Facebook e l’onore mafioso| Punizione per l’amicizia “rifiutata”

Una furibonda lite, figlia di vecchi dissapori, scoppiata per un no alla richiesta di amicizia da parte della figlia di Tommaso Lo Presti a una componente della famiglia Salerno.

Palermo - mafia
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PALERMO – L’onore mafioso, ai giorni nostri, può essere offeso anche via Facebook. E persino un’amicizia rifiutata può degenerare in un conflitto fazione e, questo è il sospetto degli investigatori, degenerare in un atto intimidatorio. Può capitare addirittura che la saracinesca di un’attività commerciale, in pieno, centro venga incendiata per lavare con il fuoco l’onta dell’offesa.

La ragazza, figlia di Tommaso Lo Presti e Teresa Marino – il primo è in carcere da un anno con l’accusa di essere stato il reggente del mandamento di Porta Nuova, la seconda in cella c’è finita mercoledì – aveva chiesto l’amicizia sul social network ad una componente della famiglia Salerno, altro nome noto alle cronache giudiziarie. Amicizia rifiutata. E così scoppiò una furibonda lite, figlia di vecchi dissapori. La Marino parlando dei Salerno li definiva “il meglio rituffo della terra”. Aveva pure pensato di inviare Ludovico Scurato, tra i 38 fermati, a discutere la faccenda con il capofamiglia, Luigi Salerno: “… ora ci mando Nico… e vanno da suo padre… gli dici digli a tua figlia di chiudersi la bocca…”. Ai Salerno veniva contestata la vicinanza alle forze dell’ordine: “.. non ci sediamo con i pentiti”. A Porta Nuova circolava la notizia che avesse corrotto il pentito Marcello Fava per convincerlo a non chiamarlo in causa. “Vecchio spione che non sei altro – diceva sprezzante la Marino – perché i miei cognati è da vent’anni che sono arrestati per le stesse cose tue”.

La misura quella volta era colma e la Marino investì della faccenda il reggente del mandamento, Paolo Calcagno.

La notte dell’8 agosto 2014 qualcuno piazzò due bombole di gas davanti alle vetrine di “Tabacco & Caffè” di via Gaetano Daita. Una andò in fiamme, ma non esplose. L’altra fece cilecca. L’attività commerciale è fra i beni sequestrati a Maurizio De Santis e Luigi Salerno. Sono genero e suocero. Il primo è il titolare del ristorante “Bucatino” di via Principe di Villafranca – oggi ha cambiato nome – scelto dai boss per i pranzi di Cosa nostra. Salerno, invece, ha già scontato una condanna a nove anni per mafia ed estorsione. Secondo gli investigatori, sarebbe socialmente pericoloso. È lui l’uomo di cui la Marino aveva una pessima considerazione.

All’indomani dell’intimidazione le microspie piazzate nella sala colloqui del carcere di Trapani registrarono una conversazione fra Maurizio De Santis e i figli che gli spiegavano: “… parliamo di cose serie… stamattina alle cinque mi hanno chiamato i carabinieri…”. Poi, discutono dell’antefatto, e cioè la lite innescata dalla mancata amicizia su Facebook: “È andata a finire male. Ci stavamo scannando. Mi ha detto cose pesanti”.

Il 18 agosto sotto intercettazione c’erano di nuovo Scurato e Marino. Il primo spiegava alla donna che “non è stato corto circuito ma è stato… “ e la moglie del boss si rammaricava del fatto che “…però poco gli ha preso… perché hanno aperto di nuovo…”.


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