"Non cerco vendetta per Carmela | L'amore di mia sorella è con me" - Live Sicilia

“Non cerco vendetta per Carmela | L’amore di mia sorella è con me”

Carmela e Lucia (a destra) in una foto di qualche anno fa

L'otto marzo e i femminicidi. Parla Lucia Petrucci, sorella di Carmela, assassinata nell'androne di casa.

PALERMO- Lucia ha vinto, anche se la salita rimane difficile, con i cocci del dolore a mordere e mani di speranza per arrampicarsi.

Lucia è un fiore perenne, resisterà a ogni inverno, sopravviverà. Ma sopravvivenza non è neanche la parola giusta che è, invece, costruzione. Lucia ha costruito, sta costruendo. Ripete che “l’amore vince sempre” e non è soltanto una bella frase da condividere. Per lei e per la sua famiglia, traumatizzate da uno strazio che non avrà mai fine, l’amore è questo rimanere attaccati alla vita nella sua parte migliore.

Un’operazione complicata, perché poi, a tavola, un padre e una madre fanno la conta dei figli e sanno che manca sempre qualcuno. Manca Carmela Petrucci, sorella di Lucia. Furono aggredite insieme, nell’androne del palazzo di residenza, a Palermo, da un ex fidanzatino della seconda, un maschio impazzito di violenza e odio. Carmela morì. Lucia ha ferite dentro e fuori che non si rimargineranno. L’assassino è stato condannato all’ergastolo.

Ritornare su quei passi significa sperimentare la strettoia di un nodo alla gola. La luce malata di un portone. Intorno, una normalità noncurante. E’ la sera della festa della donna, quando le mimose della mattina iniziano ad appassire. Lucia apre la porta. I suoi occhi sono una mappa della sua bellezza, della gentilezza di una corolla che ha appena cominciato a schiudersi.

Il salone, il papà e la mamma che vegliano, come hanno fatto da un’eternità, i loro tre figli. E non potevano immaginare, Serafino e Giusi, che tutta la tenerezza che ci hanno messo sarebbe precipitata in quest’incubo di cronaca nera.

La domanda iniziale è stupida: come stai? E nasce dall’affetto che tutti provano per i Petrucci. La risposta di Lucia: “Me lo chiedono in tanti. Lo so che in molti casi c’è un interesse sincero. Ma in altri è come se dicessero: ancora ci pensi, non è passata? Non passerà mai. Il dolore sarà sempre con me. Lo porterò nel cuore, con l’amore di Carmela che mi protegge. Pure l’amore non passerà mai, perché l’amore vince, alla fine. Io lo so”.

Perché i maschi uccidono le donne? Lucia stringe l’orlo del divano con le dita. Non è sociologia, si tratta di carne, di battiti accelerati, di memoria. Solo lei conosce l’orrore che ha subito quel giorno, mentre noi possiamo almeno abbracciarla in un tentativo di conforto: “Per il sentimento del possesso. Perché credono che la donna sia un oggetto, una cosa che si tiene per sé. Succede soltanto tra i maschi e le donne in un terribile dinamica. C’è un problema culturale, di educazione ricevuta, di contesto e di un maschilismo duro a morire. Semplicemente, si pensa di possedere qualcuno, quando la regola principale dell’amore è la libertà”.

Lucia Petrucci fa parte di un pool anti-violenza, un gruppo di valorose signore che va in giro per le scuole per sensibilizzare sul tema degli abusi perpetrati nei confronti della donna, non amata, posseduta, violentata. “Ci sono molte ragazze che chiedono aiuto – dice – che vogliono una consulenza e un parere. Se si verificano atteggiamenti pesanti, non bisogna perdere nemmeno un minuto. E’ necessario trovare il coraggio della denuncia. Dove c’è amore, non può esserci mai violenza”.

L’interno della casa dei Petrucci protegge l’affetto familiare, come una barriera corallina contro l’onda dell’indicibile accaduto al pianterreno. Alla parete è appesa una foto di Carmela, col suo sorriso da bambina. La salita è dura, ci vuole forza. “Non abbiamo mai pronunciato una parola di rancore e di vendetta contro nessuno – dice Lucia – eppure porto segni indelebili sul mio corpo e nel mio cuore. Ma io non credo che sia utile coltivare l’odio. Quando dico che l’amore vince sempre, intendo proprio questo. Non possiamo sprecare nemmeno un minuto del tempo che ci è concesso. I miei amici, papà, mamma, mio fratello sono fondamentali e lo sono stati. Carmela è qui con me con tutto il suo amore. E’ lei che mi dà la forza”.

I saluti e le scale. Il portone dalla luce malata. La sera dell’otto marzo, con le mimose agli angoli delle strade per i ritardatari. L’eco dello sguardo fragile e tenace di Lucia. Il riflesso dell’innocente ragazza che resterà se stessa, a dispetto del male sopportato. Gli occhi della donna che è.

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