Sta capitando di tutto all’Assemblea Regionale Siciliana, dove è in corso l’approvazione della finanziaria/ter. Una manovra resa necessaria dopo la sonora bocciatura della sua originaria stesura decretata dal Commissario dello Stato. Inutile entrare nel dettaglio, per informarsi basta leggere i puntuali resoconti giornalistici. Ciò che emerge in tutta la sua drammaticità, se vogliamo doverosamente fermarci ai molteplici problemi che vive la Sicilia sul fronte della spaventosa disoccupazione e dell’arretratezza economica e sociale che suonano ormai come un’eterna condanna, è che non esiste più una maggioranza e, soprattutto, un organico e condiviso progetto di sviluppo per questa martoriata terra. Insegnano nelle aule universitarie che i documenti finanziari, il bilancio e le leggi finanziarie in genere, sono l’atto politico per eccellenza di un esecutivo e delle forze politiche che lo sostengono, non mere carte contabili. E’ vero, perchè attraverso dei freddi numeri in realtà si manifestano le scelte di fondo di chi è stato chiamato a governare, i percorsi da compiere per avviare a soluzione le emergenze e aprire la stagione del cambiamento e dello sviluppo.
Quando si arriva al punto che una finanziaria viene radicalmente riscritta, come sta avvenendo, un governo dovrebbe trarne le dovute conseguenze. Ciò, indipendentemente dal giudizio che ognuno ritiene di dovere esprimere nei confronti della giunta Crocetta. Aggiungo, il Partito Democratico siciliano, alle prese con un continuo ed acceso dibattito su quale posizione assumere nei confronti del governo regionale, del presidente in particolare, dibattito che in qualche modo acuisce le sue divisioni interne, deve porsi una sola domanda: è o non è il governo Crocetta all’altezza del suo compito? E, a seconda della risposta, agire in coerenza e in fretta, i cittadini non possono ancora attendere. Il resto è vecchia politica.
