Ma ha parlato di speranza - Live Sicilia

Ma ha parlato di speranza

Il discorso "difficile" di Benedetto
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Ha parlato di speranza Benedetto XVI. Ed era questo che ci aspettavamo da lui. Era questa la parola che i siciliani speravano di sentire. Quella parola che per anni è sembrata un tabù, un ossimoro se accostata alla Sicilia insanguinata da morti ammazzati e sfregiata dall’abbraccio indecente tra poteri in teoria deputati a scontrarsi tra loro. La speranza a queste latitudini costa sudore e sacrificio, alle volte estremo, come sanno quanti amarono don Pino Puglisi, che Benedetto XVI ha lasciato per ultimo nella sua omelia, come a voler lasciare in bocca ai palermitani il sapore più autentico della speranza, che a dispetto di un primo accenno d’amaro come la morte ricompensa con un retrogusto di dolcezza, di pace, di fiducia, che dura a lungo, come il sorriso di un prete che nemmeno la mano dei killer ha potuto spegnere.

Ha parlato di Palermo Benedetto XVI. A modo suo. Senza le pose straordinariamente teatrali del suo indimenticabile predecessore. Senza alzare la voce e puntare il dito al cielo, come Wojtyla in quel memorabile giorno ad Agrigento. Lo ha fatto sussurrando parole di fede che rimandavano a Gesù e al suo insegnamento: non abbiate paura. Ratzinger lo ha detto chiaro, appellandosi espressamente ai laici, chiedendo loro di “non vergognarsi” di testimoniare il vangelo nella propria vita. “Altri devono vergognarsi”, ha ammonito con pacata dolcezza il Papa tedesco. Quelli che peccano contro Dio e quelli che peccano contro la comunità, ha detto senza mezzi termini. Un riferimento chiaro alla mafia, che però il professor Ratzinger non ha affrontato col piglio del politico o del sociologo, ma con la cifra a lui consona del teologo.
«La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare». Il vecchio Papa  venuto dalla Germania con queste parole ha dimostrato di conoscere nel profondo del cuore la sua chiesa di Sicilia e i siciliani tutti. La rassegnazione e il fatalismo sono lo sbocco quasi naturale in una terra in cui, ha detto Ratzinger, “non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale ed a causa della criminalità organizzata».

A questa stessa terra, Joseph Ratzinger lascia, in una mattina baciata dal sole, l’invito a coltivare il più prezioso dei germogli: quello della speranza. Malgrado tutto.


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