CATANIA – La mafia ad Adrano, un caso di lupara bianca in cui prima scomparve e poi fu ucciso Nicola Ciadamidaro, la potenza ancora intatta del clan Santangelo nel territorio di Adrano, nonostante le operazioni che lo hanno colpito negli ultimi anni: sono i temi centrali del blitz Meteora, avvenuto nella mattina del 14 novembre e che ha portato all’esecuzione di misure cautelari per 18 persone.
L’omicidio
Una sera di metà giugno del 2016. Nicola Ciadamidaro, scarcerato nel 2014, è tornato ad Adrano dopo essere stato lontano dal paese per un po’. Sta andando in palestra in scooter, ma viene fermato e caricato su un furgone.
Ciadamidaro viene portato in una zona di campagna isolata. I suoi sequestratori lo torturano, poi lo uccidono e lo decapitano. Di lui non si sa più nulla per molto tempo. È un tipico caso di lupara bianca.
Il pentito
A parlare dell’omicidio di Ciadamidaro è il pentito GIovanni La Rosa, durante un interrogatorio del dicembre del 2019. La Rosa racconta agli investigatori che l’omicidio è avvenuto su ordine dei vertici del clan mafioso dei Santangelo per vendicare tre omicidi avvenuti a Bronte, quelli di Alfio Rosano, Daniele Crimi e Alfio Finocchiaro.
I tre omicidi sono avvenuti nel luglio 2006 e i colpevoli furono arrestati nell’operazione Meteorite dello stesso anno. Gli autori, secondo l’accusa, appartenevano al gruppo criminale dei Liotta – Mazzone, lo stesso a cui apparteneva Nicola Ciadamidaro.
Il collaboratore fa i nomi: il delitto di Nicola Ciadamidaro sarebbe stato compiuto da Gianni Santangelo, Nicolò Rosano, Antonino Bulla e Salvatore Crimi. Su cui le indagini della Squada Mobile di Catania e del Commissariato di Adrano, partite per riscontrare le dichiarazioni del pentito, trovano diverse conferme.
L’operazione Meteora
Le indagini si sono concentrate poi sulla forza complessiva del clan Santangelo, che secondo gli investigatori continua a restare operativo nel territorio di Adrano nonostante i diversi arresti di boss di vertice.
A emergere come figura di vertice dei Santangelo sarebbe stato Toni Ugo Scarvaglieri, che avrebbe assunto la guida della famiglia mentre tutti gli altri elementi di spicco erano in carcere e che avrebbe coordinato tutte le attività degli appartenenti al clan.
I proventi delle attività illecite sarebbero poi stati raccolti in una cassa comune, destinata a mantenere le persone in carcere e le loro famiglie.
Sempre secondo l’accusa, Antonino Bulla e Salvatore Crimi durante gli arresti domiciliari avrebbero continuato a coordinarsi con Scarvaglieri e avrebbero ripreso il comando del clan Santangelo.
Il clan Mazzei e le armi
Un filone di indagine si è concentrato anche sul clan catanese dei Mazzei, detti “carcagnusi”. Secondo gli investigatori il gruppo, guidato da Cristian Lo Cicero, si sarebbe inserito nelle dinamiche criminali di Adrano e sarebbe quindientrato in contrasto con i Santangelo e gli Scalisi.
Durante l’attività di indagine la Polizia ha sequestrato diverse armi ai due clan mafiosi, tra cui una mitraglietta vz.61 Skorpion calibro 7.65, una pistola semiautomatica Beretta 70 calibro 7.65 con matricola abrasa, un fucile automatico calibro 12 e caricatori e munizioni di vario calibro.
Mafia ad Adrano: i nomi
Ecco i nomi degli arrestati:
• Antonio Bua, inteso “asinello” (cl.1983);
• Antonino Bulla, inteso “u picciriddu” (cl.1983);
• Giuseppe Bulla, inteso “u biondo” (cl.1989);
• Vincenzo Bulla (cl.1994);
• Cristian Calvagno (cl.1988);
• Giuseppe David Costa, inteso “pesciolino” (cl.1982);
• Salvatore Crimi, inteso “Turi u cani” (cl.1986);
• Giuseppe Fiorello (cl.1998);
• Alfio Lanza, inteso “Alfredo” (cl.1982);
• Pietro Lazzaro (cl.1977);
• Cristian Lo Cicero (cl.1986);
• Daniel Palmiotti (cl.1985);
• Carmelo Petronio (cl.1973);
• Alfio Quaceci (cl.1994);
• Nicolò Rosano, inteso “pipituni” (cl.1980);
• Gianni Santangelo, inteso “Giannetto” (cl.1983);
• Toni Ugo Scarvaglieri (cl.1973);
• Giuseppe Viaggio, inteso “u puffu” (cl.1983)
L’operazione Meteora ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari.